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Per chi licenzia, nessuna tassa su colf e badanti

del 08/02/2013
di: di Daniele Cirioli
Per chi licenzia, nessuna tassa su colf e badanti
Nessun ticket per chi licenzia la colf. Le famiglie non devono versare la nuova tassa prevista dalla riforma Fornero perché si applica solo alle imprese. La novità si apprende dal ministero del lavoro e, come sostenuto da ItaliaOggi Sette (edizione in edicola), esonera famiglie e anziani dal nuovo balzello che le avrebbe costrette a esborsi fino a 1.418 euro per i licenziamenti di collaboratori con servizio di tre anni o più.

Riforma del lavoro. Il ticket esordisce nell'ultima riforma degli ammortizzatori sociali per finanziare la Aspi, la nuova indennità di disoccupazione. Applicabile ai licenziamenti intervenuti dal 1° gennaio 2013, è dovuto nei casi di interruzione di un rapporto a tempo indeterminato per le causali che, indipendentemente dal requisito contributivo, darebbero diritto all'Aspi; quindi nei casi di licenziamento e risoluzione consensuale del rapporto e non, invece, nei casi di dimissioni volontarie. La misura è data dal 41% del massimale mensile Aspi per ogni dodici mesi di anzianità aziendale posseduta dal lavoratore da licenziare negli ultimi tre anni. Poiché oggi il massimale è pari a 1.152,90 euro (valore indicato per il 2013 dall'Inps nella circolare n. 12/2013), ne deriva che il ticket annuale, da pagare cioè per ogni dodici mesi di anzianità del lavoratore, per i licenziamenti avvenuti e che possano ancora avvenire tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2013, è pari a euro 472,69 (39,39 euro al mese). In presenza della massima anzianità di tre anni (o anche di più), di conseguenza, bisognerà pagare un ticket di 1.418 euro pari a euro 472,69 moltiplicato tre anni.

Una mazzata sulle famiglie. La normativa (articolo 2, comma 31, della legge n. 92/2012) stabilisce che il ticket va pagato in tutti i «casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato». Ciò ha fatto presumere che dovesse essere pagato con riferimento a tutti i «rapporti di lavoro», di qualunque specie, purché non a termine, quindi anche per i domestici. Così, le famiglie si sarebbero dovute accollare il costo di un tassa, una volta che una colf o una badante assunta a tempo indeterminato fosse stata licenziata. Per esempio, per una colf licenziata dopo un anno di lavoro si sarebbe dovuto versare un ticket di 473 euro. Importo unito, da notare, che prescinde dalla retribuzione erogata alla colf: fosse stata pagata 5 euro l'ora, mille euro al mese o 10 mila euro al mese, il ticket sarebbe stato sempre e comunque pari a 473 euro. Altro esempio per una badante licenziata dopo due anni di lavoro: il ticket da versare sarebbe stato pari a 945 euro. Oppure colf mandata a casa dopo cinque anni di lavoro: il ticket sarebbe stato pari a 1.418 euro, applicandosi in tal caso la misura massima, cioè il triplo del ticket annuale. In base a stime di ItaliaOggi Sette (edizione in edicola), il nuovo ticket avrebbe potuto pesare sull'universo delle famiglie italiane una cifra tra i 20 e 60 milioni di euro, tenendo conto dei 144.310 rapporti di lavoro cessati nel 2012 e che al 1° gennaio 2013 risultano attivi ben 1.096.239 rapporti di lavoro domestici.

Domestici esclusi. E invece si apprende dal ministero del lavoro che il contributo non è dovuto per i domestici. Infatti, dopo aver approfondito la questione, i tecnici del ministero hanno concluso che il ticket deve essere pagato solo nel caso di licenziamenti fatti delle imprese e che, quindi, le famiglie restano fuori dal campo di applicazione della norma. La soluzione preserva non solo famiglie e anziani, ma gli stessi lavoratori. I primi, infatti, è probabile che avrebbero cominciato a guardare diversamente l'assunzione di domestici, valutando alternative di rapporti meno impegnativi finanziariamente (i voucher, per esempio), se non addirittura il lavoro nero e sommerso. I secondi perché, è altrettanto probabile, potevano finire per essere «esortati» dai datori di lavoro a dimettersi dal lavoro (per evitare il ticket) pagando tuttavia di persona le conseguenze con la perdita del diritto all'indennità di disoccupazione.

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