
Questo anche perché, ha spiegato il Collegio di legittimità, lo Statuto del contribuente che assicura ai cittadini dei termini di più ampio respiro non è una norma di rango costituzionale e come tale non può travalicare una legge che prevede un termine inferiore. Sul punto in sentenza i giudici motivano che le norme della legge 212/00, emanate in attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost, e qualificate espressamente come principi generali dell'ordinamento tributario, sono, in alcuni casi, idonee a prescrivere specifici obblighi a carico dell'Amministrazione finanziaria e costituiscono, in quanto espressione di principi già immanenti nell'ordinamento, criteri guida per il giudice nell'interpretazione delle norme tributarie (anche anteriori), ma non hanno rango superiore alla legge ordinaria e, conseguentemente, non possono fungere da norme parametro di costituzionalità, né consentire la disapplicazione della norma tributaria in asserito contrasto con le stesse. Sul caso specifico concernente i benefici fiscali per le aziende del Mezzogiorno, la Cassazione ha chiarito che in tema di contributi concessi sotto forma di credito d'imposta per l'effettuazione di nuovi investimenti nelle aree svantaggiate del paese, l'inosservanza del termine, inizialmente individuato nel 31 gennaio 2003 e poi definitivamente fissato al 28 febbraio 2003 dall'art. 62, primo comma, lett. a), della legge 27 dicembre 2002, n. 289, entro il quale i soggetti che hanno conseguito il diritto al contributo anteriormente alla data dell'8 luglio 2002 devono comunicare all'Agenzia delle entrate i dati occorrenti per la ricognizione degli investimenti realizzati, nonché quelli ulteriori eventualmente stabiliti con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, comporta la decadenza dal beneficio.
Anche la Procura generale della Suprema corte ha chiesto in udienza di accogliere il ricorso dell'amministrazione finanziaria.