È sul punto di esplodere la polveriera dei contributi «silenti», versamenti insufficienti per ricevere la pensione e, perciò, a fondo perduto. Patronati e associazioni di liberi professionisti, sul piede di guerra, da un lato si avviano a presentare ricorsi all'Inps per la mancata restituzione delle (ingenti) somme. E, dall'altro, reclamano un intervento legislativo perché «si consenta la ricongiunzione negata a chi, nella gestione separata, ha una contribuzione inferiore ai cinque anni». Dopo la vicenda degli esodati (senza stipendio, né assegno, per aver aderito ad accordi per lasciare l'azienda, prima che entrassero in vigore le nuove regole della legge 214/2011) un'altra grossa «falla» si apre nel nostro sistema pensionistico, come documentato da ItaliaOggi Sette in edicola questa settimana, che ha calcolato una cifra trattenuta dall'istituto presieduto da Antonio Mastrapasqua superiore a 10 miliardi di euro. L'ammontare delle posizioni «silenti» è difficile da accertare. Interpellati da ItaliaOggi, i tre maggiori patronati (Inca Cgil, Inas Cisl e Ital Uil) non riescono a indicarlo, tuttavia esprimono la convinzione che sia molto elevato, e che si contino tra i 7 e gli 8 milioni di prestazioni che non si possono esigere in virtù di tale meccanismo. «I soggetti più danneggiati sono le donne che interrompono l'attività lavorativa una volta diventate madri e casalinghe, ma va considerato anche il caso degli immigrati, che effettuano i versamenti obbligatori, magari in maniera frammentaria, e poi tornano nel paese d'origine, senza ricavare nulla da quelle somme», spiegano fonti dell'Inca Cgil, suonando insieme alle altre sigle un comune campanello d'allarme: l'ultima riforma della previdenza del ministro uscente Elsa Fornero «aggrava ulteriormente la situazione». Il provvedimento, infatti, aumenta per tutti la soglia minima di contribuzione a 20 anni, mentre la normativa precedente (varata dal governo di Giuliano Amato nel 1993, ndr) concedeva a chi avesse versato contributi per 15 anni entro il 1992, o che a quella data avesse iniziato a corrisponderli, di poter accedere alla pensione a 60 anni.
Camminano su un terreno minato i liberi professionisti «senz'albo» che (350 mila iscritti alla gestione separata, più un mare magnum di co.co.pro. non censiti) pur avendo ottenuto il mese scorso l'agognato riconoscimento giuridico (legge 4/2013), sono in affanno sotto il profilo pensionistico. «Se, infatti, nell'ultima legge di stabilità approvata a dicembre è stata approvata una norma sulla totalizzazione, dando a tutti la possibilità di utilizzare anche contributi inferiori a tre anni, per la gestione separata il nodo dei contributi «silenti» resta, poiché non è possibile effettuare la ricongiunzione, quindi i versamenti che non oltrepassano i cinque anni vanno in fumo», riferisce Arvedo Marinelli, presidente dell'Associazione nazionale dei consulenti tributari. E aggiunge: «Il legislatore deve porre quanto prima rimedio, permettendo che non si disperda il «tesoretto» previdenziale riconducibile ai vari spezzoni di vita lavorativa».
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