Convivo col mio compagno da tempo e nel caso di malattia, anche grave, ci siamo fatti reciproche promesse di assistenza e di indicazione sui possibili trattamenti sanitari, purtroppo recentemente ha subito un improvviso ictus e la di lui figlia mi nega ogni diritto perché, a suo dire, io non sono un parente. È giusto?
No! Lei ha senz’altro pieno diritto di fare visita e/o di assistere il compagno mentre è degente posto che ad oggi nessuna disposizione di legge impedisce al partner di fatto tali circostanze. Non solo, si consideri che l’art. 3 della legge 91/99, in materia di trapianti e di prelievi di organi e di tessuti, prevede che
“all’inizio del periodo di osservazione ai fini dell’accertamento di morte (…), i medici (…) forniscono informazioni sulle opportunità terapeutiche per le persone in attesa di trapianto nonché sulla natura e sulle circostanze del prelievo al coniuge non separato o al convivente more uxorio…”
Tale norma, prevedente il coinvolgimento del convivente more uxorio in merito ad una decisione di tal peso, legittima a maggior ragione qualsiasi forma di vicinanza al convivente durante il ricovero. Si osservi inoltre che allorquando si possa documentare la stabile convivenza, si può accedere ai dati personali dell’altro contenuti nella cartella clinica della struttura sanitaria nella quale è stato ricoverato e dei documenti che a essa di riferiscono, e ciò in tutti i casi in cui il paziente risulti incapace di intendere e di volere ovvero deceduto.
Si segnala inoltre
che i conviventi more uxorio possono
procedere alla iscrizione anagrafica della loro convivenza e giovarsi così di
tutti i diritti riconosciuti dall’ordinamento verso tale status. Inoltre i
conviventi possono regolamentare fra loro i cd. “patti di convivenza”, stabilendo
così le regole coinvolgenti tutti (o taluni) aspetti della loro convivenza e
quelli della sua eventuale cessazione; fra questi, in tema sanitario, possono
prevedere l’apposizione di specifica delega affinché l’altro:
a) riceva dal personale sanitario tutte le informazioni sulle opportunità
terapeutiche e possa quindi adottare le decisioni necessarie sulla salute in
caso di malattia da cui derivi incapacità di intendere e di volere;
b) decida, in caso di decesso, sulla donazione di organi, sul trattamento del
corpo e sulle celebrazioni funebri in assenza di previe disposizioni
dell’interessato;
c) designi il convivente quale proprio futuro amministratore di sostegno in
previsione della propria eventuale futura incapacità, anche parziale e/o
temporanea;
d) altro, purché non sia contrario alle norme vigenti: ad es. non è ammessa
alcuna delega per interventi eutanasici o per impedire un soccorso medico
quando ci sono margini di successo terapeutico. La forma della delega può
essere quella del semplice atto scritto autenticato e può essere nel tempo
modificata ovvero revocata.