
Con la recente sentenza n. 23426/2012, la Corte di Cassazione è tornata sul tema del tradimento e dell’addebito della separazione affermando che “sono irrilevanti, ai fini dell’ addebito della separazione coniugale, i ripetuti tradimenti del partner”.
Con “obbligo di fedeltà” , il quale rientra nell’ambito dei diritti e doveri dei coniugi di cui agli artt 143 e ss c.c., si intende l’ impegno, ricadente su ciascun coniuge, a non tradire il rapporto di dedizione fisica e spirituale fra i coniugi, la fiducia reciproca, a non offendere l’onore e la dignità dell’altro coniuge ponendo in essere comportamenti equivoci con terze persone che,pur non concretatesi in un vero e proprio adulterio) possano turbare l’ambiente familiare in cui i coniugi abitualmente svolgono la vita familiare, e non soltanto dunque come astensione da relazioni sessuali extraconiugali.
Tuttavia i giudici del “Palazzaccio”, a conferma di precedenti decisioni in materia, (Cass. n. 205/12 e Cass. n. 19606/11) hanno ritenuto illegittimo l’addebito a carico di uno dei coniugi che dipenda esclusivamente da relazioni extraconiugali, da cui sono nati dei figli, dall’abbandono del tetto coniugale e dal disinteresse per la famiglia legittima, in quanto esse da sole sono considerate prove insufficienti a legittimare l’addebito della separazione. Ciò significa che l’infedeltà è una condotta che può portare all’imputazione di addebito solo se il Giudice accerta che il tradimento è stato la vera causa della rottura del matrimonio; non lo è invece se il tradimento è solo la conseguenza di una crisi coniugale preesistente ed infatti la reiterata inosservanza da parte di entrambi dell'obbligo di reciproca fedeltà non costituisce circostanza sufficiente a giustificare l'addebito della separazione quando sia sopravvenuta in un contesto di disgregazione della comunione spirituale e materiale tra i coniugi nonchè in una situazione stabilizzata di reciproca sostanziale autonomia di vita, non più caratterizzata da "affectio coniugalis".
Grava sulla parte che richieda l’addebito della separazione all’altro coniuge, per l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà, l’onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere “intollerabile la prosecuzione della convivenza”, mentre, è onere di chi eccepisce l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, e quindi dell’infedeltà nella determinazione dell’intollerabilità della convivenza, provare le circostanze su cui l’eccezione si fonda, vale a dire l’anteriorità della crisi matrimoniale all’accertata infedeltà. Quindi, nel caso in cui i coniugi litighino già da tempo e uno dei due, dopo che la convivenza è già divenuta intollerabile per incompatibilità caratteriali, si trovi una nuova compagna, il suo comportamento non è considerato colpevole.
Con “obbligo di fedeltà” , il quale rientra nell’ambito dei diritti e doveri dei coniugi di cui agli artt 143 e ss c.c., si intende l’ impegno, ricadente su ciascun coniuge, a non tradire il rapporto di dedizione fisica e spirituale fra i coniugi, la fiducia reciproca, a non offendere l’onore e la dignità dell’altro coniuge ponendo in essere comportamenti equivoci con terze persone che,pur non concretatesi in un vero e proprio adulterio) possano turbare l’ambiente familiare in cui i coniugi abitualmente svolgono la vita familiare, e non soltanto dunque come astensione da relazioni sessuali extraconiugali.
Tuttavia i giudici del “Palazzaccio”, a conferma di precedenti decisioni in materia, (Cass. n. 205/12 e Cass. n. 19606/11) hanno ritenuto illegittimo l’addebito a carico di uno dei coniugi che dipenda esclusivamente da relazioni extraconiugali, da cui sono nati dei figli, dall’abbandono del tetto coniugale e dal disinteresse per la famiglia legittima, in quanto esse da sole sono considerate prove insufficienti a legittimare l’addebito della separazione. Ciò significa che l’infedeltà è una condotta che può portare all’imputazione di addebito solo se il Giudice accerta che il tradimento è stato la vera causa della rottura del matrimonio; non lo è invece se il tradimento è solo la conseguenza di una crisi coniugale preesistente ed infatti la reiterata inosservanza da parte di entrambi dell'obbligo di reciproca fedeltà non costituisce circostanza sufficiente a giustificare l'addebito della separazione quando sia sopravvenuta in un contesto di disgregazione della comunione spirituale e materiale tra i coniugi nonchè in una situazione stabilizzata di reciproca sostanziale autonomia di vita, non più caratterizzata da "affectio coniugalis".
Grava sulla parte che richieda l’addebito della separazione all’altro coniuge, per l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà, l’onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere “intollerabile la prosecuzione della convivenza”, mentre, è onere di chi eccepisce l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, e quindi dell’infedeltà nella determinazione dell’intollerabilità della convivenza, provare le circostanze su cui l’eccezione si fonda, vale a dire l’anteriorità della crisi matrimoniale all’accertata infedeltà. Quindi, nel caso in cui i coniugi litighino già da tempo e uno dei due, dopo che la convivenza è già divenuta intollerabile per incompatibilità caratteriali, si trovi una nuova compagna, il suo comportamento non è considerato colpevole.