
Pochi datori di lavoro chiedono il risarcimento nel caso in
cui un loro dipendente sia vittima di un incidente stradale, rinunciando ad un
loro diritto.
Nel caso in cui il dipendente sia vittima e non responsabile
dell'incidente, gli enti previdenziali (Inps e Inail) garantiranno una quota
della retribuzione, per poi rivalersi sull'assicurazione del responsabile del
sinistro; allo stesso tempo resteranno a carico del datore di lavoro, in
base alla normativa speciale ed alla contrattazione collettiva, i costi che
matureranno per il suo dipendente (retribuzione, contributi, ferie, 13a, 14a,
TFR, gratifiche, indennità di malattia, ecc.) durante tutto il periodo in cui
quest’ultimo resterà assente dal luogo di lavoro a causa delle lesioni
riportate nell'incidente, pur non avendo alcuna responsabilità, subendo
pertanto un danno ingiusto. In questi casi è riconosciuta (per tutte Cass.
civ., Sez. Un., 12.11.1988 n. 6132) la risarcibilità del danno
patrimoniale patito dal datore di lavoro “per la mancata utilizzazione delle
prestazioni lavorative del proprio dipendente, la quale integra un ingiusto
pregiudizio a prescindere dalla sostituibilità o meno dello stesso.
Tale
pregiudizio, in difetto di prova diversa, è liquidabile sulla base
dell’ammontare delle retribuzioni e dei contributi previdenziali,
obbligatoriamente pagati durante il periodo di assenza dell’infortunato, atteso
che il relativo esborso esprime il normale valore delle prestazioni perdute
(salva restando la risarcibilità dell’ulteriore nocumento in caso di comprovata
necessità di sostituzione del dipendente)”.
Inoltre è pacifico che tale danno
per l’invalidità temporanea del dipendente, causata dal soggetto responsabile
del sinistro stradale, andrà risarcito da quest’ultimo, sussistendo un nesso
eziologico tra l’evento lesivo ed il pregiudizio economico che per suo tramite
è derivato al diritto di credito del datore di lavoro.
Altro aspetto
determinante è l’acclarata possibilità del datore di lavoro di esercitare
l’azione risarcitoria di rivalsa direttamente nei confronti della compagnia di
assicurazione per la Rca del responsabile del sinistro. La giurisprudenza
costante della Suprema Corte (vedasi per tutte Cass. civ., sez. III, 4/11/02 n.
15399 e Cass. civ., sez. III, 21/10/91 n. 11099) ha infatti chiarito che: “Nella
nozione di danneggiato dalla circolazione il veicolo o natante soggetti
all’obbligo assicurativo, in relazione al quale l’art. 18 della L n. 990/69 (oggi
assorbito dall’art. 144 del Codice delle Assicurazioni) prevede l’azione
diretta contro l’assicuratore, vanno incluse, non soltanto le persone
direttamente e fisicamente coinvolte nell’incidente, ma tutte quelle che
abbiano subito un danno in rapporto di derivazione causale con l’incidente
medesimo, e, quindi anche il datore di lavoro, in relazione al pregiudizio
subito per l’invalidità temporanea del dipendente, considerato che tale
estensione di quell’azione diretta, al di là delle specifiche ipotesi di
responsabilità contemplate dall’art. 2054 c.c., è imposta dal coordinamento del
citato art. 18 con le altre disposizioni della legge, in particolare art. 21,
27, e 28 (oggi assorbiti e recepiti ripettivamente dagli artt. 128, 140 e 144
del Codice delle Ass.) e della ratio della norma stessa, rivolta ad accordare
la suddetta azione con riferimento a tutti gli effetti patrimoniali negativi
della circolazione del veicolo assicurato”.
Ciò detto, dalla sopra
esaminata disciplina deriva anche un’importante valutazione in tema di
prescrizione del diritto di ottenere il risarcimento del danno in rivalsa per
il datore di lavoro.
Trattandosi di un’azione per il risarcento di un danno subito per fatto illecito del terzo prodotto dalla circolazione di veicoli di ogni specie, il diritto si prescriverà in due anni, così come previsto dall’art. 2947, 2° comma, c.c. (per tutte Cass. civ. sez. III, 09/02/2010 n. 2844): pertanto il datore di lavoro avrà due anni di tempo dalla data del sinistro per esercitare la propria azione risarcitoria di rivalsa (salvo atti interrottivi della prescrizione).