
L'esdebitazione è una novità introdotta dal legislatore con la “prima” riforma della legge fallimentare (quella avvenuta con il Decreto Legislativo del 9 gennaio 2006, n. 5) ed è disciplinata dagli artt. 142 – 144 della medesima legge. L’art. 142 della legge prevede che il fallito, persona fisica, al termine della procedura fallimentare, possa essere liberato dai debiti concorsuali rimasti insoddisfatti. L'obiettivo è quello di agevolare il fallito nella ripresa dell’attività economica, liberandolo dal peso dei debiti pregressi. Può accedere a tale procedura solo l’imprenditore persona fisica (e quindi anche i soci illimitatamente responsabili di società di persone ma non le società) che: abbia cooperato con gli organi della procedura fornendo documenti e informazioni utili all'accertamento del passivo e adoperandosi per il proficuo svolgimento delle operazioni; nei 10 anni precedenti non abbia beneficiato di altra esdebitazione; non abbia distratto l'attivo o esposto passività insussistenti, cagionato o aggravato il dissesto rendendo gravemente difficoltosa la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari o fatto ricorso abusivo al credito; non abbia esposto debiti inesistenti; non abbia in alcun modo ritardato o contribuito a ritardare lo svolgimento della procedura; non sia stato condannato per bancarotta fraudolenta o delitti contro l’economia pubblica, commercio e industria, salvo che per tali reati sia intervenuta la riabilitazione. Se è in corso il procedimento penale per uno di tali reati, il tribunale sospende il procedimento fino all'esito di quello penale. L’ammissione all’esdebitazione è subordinata anche alla soddisfazione, anche solo parziale, dei crediti concorsuali: in questo senso si è recentemente pronunciata la Suprema Corte (Cass., Sez.Unite, 18 novembre 2011, n. 24215). In presenza dei requisiti sopra indicati il tribunale, con lo stesso decreto di chiusura del fallimento, dichiara inesigibili i crediti concorsuali non soddisfatti integralmente nei confronti del debitore. Il provvedimento può essere assunto d’ufficio dal Tribunale, in sede di chiusura del fallimento, o su ricorso del debitore, da presentare nel termine perentorio di un anno dalla chiusura. L’esdebitazione comprende tutti i debiti dell’ex fallito anteriori al fallimento, ad eccezione delle seguenti tipologie di debito: gli obblighi di mantenimento e alimentari e comunque le obbligazioni derivanti da rapporti estranei all'esercizio dell'impresa; i debiti per il risarcimento dei danni da fatto illecito extracontrattuale nonché le sanzioni penali ed amministrative di carattere pecuniario non accessorie a debiti estinti. Sono, inoltre, salvi i diritti vantati dai creditori nei confronti di coobbligati, dei fideiussori del debitore e degli obbligati in via di regresso. Il decreto di accoglimento della domanda produce effetti anche nei confronti dei creditori anteriori alla apertura del fallimento che non abbiano presentato domanda di ammissione al passivo; in tale caso, l'esdebitazione opera per la sola eccedenza alla percentuale attribuita nella procedura concorsuale ai creditori di pari grado. Depositato il ricorso, il Tribunale fissa la data dell'udienza per sentire il curatore ed i creditori interessati, stabilendo il termine entro cui il ricorrente dovrà notificare il ricorso ed il decreto di fissazione dell'udienza al curatore ed a tutti i creditori. La notifica a tutti i creditori è necessaria per garantire il diritto al contradditorio, dal momento che l'esdebitazione è idonea a produrre effetti anche nella loro sfera giuridica, rendendo inesigibili i crediti rimasti insoddisfatti (in tal senso si è pronunciata la Corte Costituzionale, con sentenza del 30 maggio 2008 n. 181). Al termine del procedimento, il Tribunale si pronuncia sulla domanda di esdebitazione con decreto, succintamente motivato, con il quale concede o nega l'esdebitazione.