
Il patrocinio a spese dello Stato detto anche gratuito
patrocinio è un istituto previsto nel nostro ordinamento dal D.P.R. 115/2002
nato al fine di garantire il diritto di difesa, in attuazione dell’art. 24
della Costituzione, in capo a persone non abbienti ovvero a coloro che, a causa
di una situazione economica precaria, si trovano nella impossibilità di
provvedere autonomamente al pagamento delle spese giudiziali. Gli articoli ad
esso dedicati sono quelli che vanno dal 74 al 145.
Tale istituto è previsto per
i processi penali, tributari, amministrativi e civili (dunque anche per le
procedure di volontaria giurisdizione quali le separazioni e i divorzi) ed è
ammesso in ogni loro grado, fermo restando che se la parte che lo ha richiesto
risulta soccombente non può poi usufruirne nuovamente per proporre
impugnazione. Per essere ammessi al patrocinio a spese dello Stato è
indispensabile che il richiedente sia titolare di un reddito annuo imponibile
non superiore ad euro 10.776,33, importo che deve risultare dall’ultima
dichiarazione dei redditi.
Nel caso il richiedente abbia conviventi, l’ammontare
del reddito è dato dalla somma dei redditi di tutti i componenti del nucleo
familiare; uniche eccezioni a questa regola sono due: se oggetto del
contenzioso siano diritti personalissimi ovvero se gli interessi del
richiedente siano in conflitto con quelli degli altri componenti la famiglia.
È
escluso dal godimento di tale beneficio chi intenti una causa per cessione dei
crediti. Soggetti legittimati a richiedere il patrocinio a spese dello Stato
sono: 1) tutti i cittadini italiani; 2) gli apolidi; 3) gli enti o le
associazioni senza fini di lucro che non esercitano attività economiche; 4) gli
stranieri con regolare permesso di soggiorno.
Tale beneficio si ottiene, per le
cause civili, a seguito di domanda presentata nella segreteria del Consiglio
dell’Ordine degli Avvocati così individuata: se il processo non è ancora
iniziato, è quella del luogo dove ha sede il magistrato competente a conoscerne
il merito; se il processo è invece in corso, è quella del luogo dove ha sede il
magistrato davanti a cui lo stesso pende; se infine si tratta di ricorso in
Cassazione, in Consiglio di Stato ovvero Corte dei Conti, la segreteria è
quella del luogo dove ha sede il giudice che ha emesso il provvedimento
impugnato.
La domanda (i cui moduli possono trovarsi nelle segreterie dei
Consigli dell’ordine degli Avvocati) va presentata personalmente in carta
semplice, anche a mezzo di racc.A/R, unitamente alla fotocopia di un documento
di identità in corso di validità, ovvero dal difensore dopo che lo stesso avrà
autenticato la firma del richiedente. Deve indicare: 1) la richiesta di
ammissione al patrocinio; 2) le generalità del richiedente e dei componenti la
sua famiglia; 3) una autocertificazione del reddito percepito nell’anno
precedente con l’impegno a comunicarne eventuali variazioni; 4) se si tratta di
una causa già pendente (nel qual caso dovrà essere indicata anche la data della
prossima udienza); 5) le generalità della controparte; 6) le ragioni di fatto e
di diritto idonee a valutare la fondatezza della pretesa che si vuol far
valere; 7) le prove utili.
Una volta pervenuta la domanda, il Consiglio
dell’Ordine competente ne valuta la fondatezza; entro dieci giorni emette un
provvedimento con cui la ammette, la rigetta o la dichiara non ammissibile per
mancanza dei requisiti necessari; di tale provvedimento trasmette copia
all’interessato, al giudice competente e all’Ufficio della Agenzia delle
Entrate al fine della verifica dei redditi dichiarati.
Nel caso in cui la domanda non venga accolta l’interessato può presentarla direttamente al giudice competente il quale decide con decreto. Chi è ammesso al patrocinio può nominare un avvocato tra quelli iscritti negli elenchi dei difensori abilitati, tenuti presso il Consiglio dell’Ordine del distretto della Corte di Appello presso cui ha sede il magistrato competente a conoscere il merito della causa o presso cui già pende il giudizio.