Che il metallo si possa deteriorare è noto a tutti: in particolare quello ferroso, come l'acciaio, è naturalmente soggetto alla formazione della cosiddetta "ruggine", che può costituire un problema estetico o strutturale (nel caso attacchi la carrozzeria del veicolo) o anche provocare dei guasti meccanici, se localizzata in qualche organo interno del mezzo.
Il costruttore adopera tutta una serie di cautele per prevenire il deterioramento del metallo, tuttavia in alcuni casi possono insorgere inconvenienti derivanti da un difetto congenito nella protezione del materiale; occorre al riguardo discernere i casi in cui invece non sia stato un evento accidentale ad iniziare il processo.
Nel caso più elementare, il deterioramento della carrozzeria di un'auto può essere ad esempio causato da un sinistro stradale che ha privato il metallo della propria protezione e costituito l'innesco per un danno che è andato progressivamente aumentando.
Nel caso generale, uno dei fattori determinanti è l’esposizione agli agenti atmosferici, che insieme alla qualità dei materiali metallici concorre all’insorgere di fenomeni corrosivi.
Il ferro allo stato puro non è presente in natura, ma viene estratto da minerali contenenti ossidi e altri composti tramite la fusione in altoforno. Una volta fuso e bonificato, il ferro puro è instabile, ovvero tende a combinarsi con l’ossigeno e trasformarsi in ossidi, cioè a tornare allo stato iniziale sotto forma di “ruggine”. Quella che si verifica è una vera e propria reazione chimica, tanto più veloce e facilitata quanto maggiore è la quantità di ossigeno disponibile.
Come è noto, il ferro immerso in acqua o in presenza di elevata umidità arrugginisce molto rapidamente, ma anche il solo ossigeno presente nell’atmosfera è sufficiente a provocarne la lenta, ma inesorabile ossidazione.
Il processo è determinato da fenomeni elettrochimici, con la migrazione di cariche tra due elettrodi, uno dei quali è la nostra superficie che si ossida, immersi nell’atmosfera (elettrolita). Perché questo si verifichi i due elettrodi devono avere un diverso potenziale, cioè essere due metalli diversi .
Per questo motivo, nella nautica è norma adoperare degli “anodi sacrificali”, cioè degli elementi di zinco applicati allo scafo in acciaio che si corrodono in vece del metallo più nobile da salvaguardare. Purtroppo anche fra due elementi del medesimo metallo, a causa dei diversi elementi di lega presenti, oppure del diverso trattamento superficiale, possono rilevarsi differenze di potenziale e quindi l’instaurarsi di una cella elettrolitica. Così, su un unico particolare realizzato in acciaio, magari soggetto ad un ambiente è sufficiente che tra due zone esista una differenza di temperatura o di esposizione all'atmosfera perché si inneschi il processo corrosivo. A livello microscopico vale lo stesso discorso, aggravato dal fatto che l’acciaio è costituito da una serie di grani adiacenti ciascuno dei quali si comporta come un piccolo pezzettino di acciaio separato dall’altro, dunque ciascuno con un proprio potenziale. È proprio questo quello che succede quando la ruggine inizia a formarsi con le sembianze di piccoli puntini.
Per limitare l’insorgere di questi fenomeni nell'industria automobilistica si ricorre alla lega del ferro con altri elementi antiossidanti come il cromo o il molibdeno; si effettuano quindi dei trattamenti superficiali, come la zincatura, che proteggano le superfici e infine si ricopre il metallo con più strati di vernici protettive che lo separano completamente dall’atmosfera.
È chiaro che se la carrozzeria viene danneggiata ad esempio a seguito di un sinistro è facile che un'abrasione o una scalfittura interrompano questi strati di difesa.
In sede di accertamento in sede forense o stragiudiziale è essenziale determinare con certezza se il problema è allora causato da un difetto congenito nella costruzione e protezione del veicolo oppure è insorto a seguito di un danno eventualmente anche maldestramente ripristinato dal proprietario.