La violazione dell’articolo 570 codice penale è contestabile al genitore che si sottrae all’obbligo giuridico di provvedere ai bisogni dei minori facendo mancare loro i mezzi di sussistenza.
La Corte di Cassazione, con sentenza del 26/4/2012 n.15952, ha precisato che sussiste l’obbligatorietà del mantenimento nei confronti del figlio legittimo, e cioè, nei confronti del figlio nato in costanza di matrimonio, poiché tale obbligo sussiste in funzione della presunzione di paternità stabilita dal codice civile (articolo 231 codice civile: “il marito è padre del figlio concepito durante il matrimonio”).
In tali casi, dunque, il padre legittimo che fa mancare i mezzi di sussistenza al figlio minore commette reato ex articolo 570 codice penale.
Se, però, il figlio minore non è nato in costanza di matrimonio, la questione è diversa poiché non opera alcuna presunzione legale di paternità tale da far discendere un obbligo giuridico al mantenimento.
Sul punto, la Suprema Corte ha statuito che, in presenza di figlio minore non nato in costanza di matrimonio, l’obbligazione sorge in capo al padre naturale in conseguenza della prova della filiazione che deve essere acquisita mediante l’atto di riconoscimento formale, o mediante altro modo consentito.
Del resto, la qualifica di figlio naturale può essere provata solo attraverso le forme stabilite dalla legge, mentre, nel caso in esame, il figlio naturale era stato ritenuto “riconosciuto” dal Giudice sulla base delle sole affermazioni della madre su di un “presunto” riconoscimento da parte dell’imputato.
Nella fattispecie, non si era tenuto conto che il minore non era nato in costanza di matrimonio, ma in costanza di una convivenza “more uxorio” e che il padre naturale, per essere ritenuto responsabile della violazione di cui all’articolo 570 codice penale, avrebbe dovuto riconoscere il figlio.
Peraltro, alla luce dell’ampia tutela attribuita dalla legge di riforma del diritto di famiglia ai figli naturali non riconosciuti e non riconoscibili, è consolidata l’opinione favorevole all’estensione della disciplina dell’articolo 570 codice penale ai figli naturali non riconosciuti o non riconoscibili, purchè abbiano ottenuto il diritto al mantenimento ed all’istruzione a seguito dell’esperimento dell’azione di cui all’articolo 279 codice civile.
In definitiva, dunque, perché sussista il reato previsto e punito dall’articolo 570 codice penale deve esservi una violazione dell’obbligo giuridico al mantenimento che, nel caso esaminato dalla Suprema Corte, deve discendere da un rapporto certo di paternità (mediante riconoscimento) ovvero, negli altri casi, da un obbligo determinato da un giudice (per esempio: azione ex articolo 279 codice civile).
Diversamente, il reato non può essere ravvisato mancando “ab origine” l’obbligo giuridico al mantenimento. Laddove tale obbligo non sussiste, non c’è reato.
La Corte, pertanto, ha correttamente statuito che solo quando la paternità è certa sussiste l’obbligo del mantenimento. La sola testimonianza della madre non è però elemento sufficiente a dimostrare il sussistere del grado di parentela e ciò in mancanza di atti giudiziali e di riscontri anagrafici.
Gli elementi forniti dalla madre, dunque, non hanno convinto i Giudici della Suprema Corte a sostenere la colpevolezza del padre con riferimento alla contesta inosservanza all’obbligo di mantenimento per il figlio nato prima delle nozze e mai riconosciuto.
Avv. Monica Mores