Comunione: definizione
In diritto, quando si parla di comunione si fa riferimento
a una situazione per cui la proprietà spetta a più persone in comune. Ma non è
detto che si abbia a che fare solo con la proprietà: in gioco ci può essere,
infatti, anche un altro diritto reale. Nell'ordinamento giuridico
del nostro Paese, la comunione - che nei sistemi di civil law rappresenta un
istituto giuridico che è codificato fin dai tempi del diritto romano - è
normata dal Codice Civile, dall'articolo 1100 in poi.
Cosa prevede la disciplina italiana a proposito delle quote dei
partecipanti?
La coesistenza del diritto uguale di un certo numero di
persone nei confronti della stessa cosa si concretizza immaginando che quella
cosa possa essere scomposta in quote; se dal punto di vista concreto e
materiale la cosa in comune appartiene interamente a ciascun partecipante, dal
punto di vista ideale il numero delle quote da scomporre deve essere pari al
numero di comproprietari. Per stabilire la frazione della quota, si procede a
un calcolo aritmetico, tenendo conto della proporzione per cui ogni
partecipante concorre, sia per quel che riguarda gli oneri, sia per quel che
riguarda i vantaggi. Le quote devono essere presunte uguali,
almeno in linea di principio, anche se lo stesso bene viene pagato da più
persone che versano somme differenti. Naturalmente, si può avere a che fare con
quote differenti se ciò viene stabilito per volontà delle parti o per legge.
1. Come deve essere usata e amministrata la cosa in comune?
L'uso della cosa in comune spetta a ogni partecipante,
separatamente: è essenziale, però, che i partecipanti non alterino in alcun
modo la destinazione della cosa stessa, e che agiscano in maniera tale da non
comprometterne l'utilizzo degli altri partecipanti (è, questo, il cosiddetto
principio del concorso, disciplinato dall'articolo 1102 del Codice Civile).
Ovviamente, non sempre può accadere che la cosa venga utilizzata da ogni
partecipante in maniera individuale. Per quel che concerne la sua amministrazione,
spetta alla collettività dei partecipanti, i quali sono chiamati a deliberare a
maggioranza di quote, come prevede l'articolo 1105 del Codice Civile.
L'articolo 1108, invece, stabilisce che ci sia bisogno della maggioranza del
numero dei partecipanti in rappresentanza di non meno dei due terzi del valore
della cosa per l'amministrazione straordinaria e per le innovazioni.
2. Come deve essere gestita la rappresentanza nei confronti dei terzi?
La legge non si esprime in proposito, il che fa dedurre che la rappresentanza
spetti singolarmente a ogni partecipante in maniera separata dagli altri. Può,
comunque, essere individuato un amministratore della cosa comune, a patto che
sia nominato a maggioranza; lo si può scegliere sia tra i partecipanti che all'esterno.
L'amministratore così identificato diventa, dunque, un
mandatario dei partecipanti, a cui gli stessi possono impartire istruzioni,
sempre a maggioranza. Gli stessi partecipanti hanno la facoltà di sostituire il
mandatario nello svolgimento di specifici atti di amministrazione.
3. Come deve essere amministrata dal punto di vista giudiziario la cosa comune?
Il giudice ha sulla cosa comune lo stesso potere che ha
sulle cose delle persone fisiche; non può, invece, esercitare condizionamenti o
poteri, a meno che tale comportamento non si renda necessario per la
salvaguardia di diritti lesi, e in generale non gli è permesso alcun tipo di
interferenza nella gestione della cosa comune.