Comunione amministrazione dei beni: definizione
L'amministrazione dei beni in comunione è regolamentata dall'articolo 180 del Codice Civile: la disciplina riflette il principio di parità tra i coniugi che è stabilito all'articolo 210. In sostanza, la rappresentanza in giudizio per gli atti che riguardano l'amministrazione dei beni della comunione e l'amministrazione stessa spettano a tutti e due i coniugi in maniera disgiunta. Spettano a tutti e due i coniugi, ma in maniera congiunta, il compimento degli atti che non rientrano nell'ordinaria amministrazione e la sottoscrizione dei contratti attraverso cui i diritti personali di godimento vengono acquistati i concessi.
Come deve essere gestita l'amministrazione dei beni in comunione?
Gli atti di ordinaria amministrazione possono essere compiuti da ognuno dei due coniugi senza l'obbligo di ottenere il consenso dell'altro: lo stesso vale anche per la rappresentanza processuale relativa. Diverso è il caso degli atti di straordinaria amministrazione, che per essere compiuti richiedono il consenso di tutti e due i coniugi, così come l'acquisto di diritti personali di godimento, la loro cessione e la rappresentanza processuale relativa (un esempio di diritto personale di godimento è rappresentato dalla locazione). Ovviamente, non è detto che i coniugi siano obbligati a prestare il proprio consenso: nel caso in cui esso venga negato, l'atto in questione non può essere compiuto legittimamente, sempre a condizione che lo stesso non venga reputato necessario nell'interesse della famiglia. Anche l'interesse dell'azienda gestita da tutti e due i coniugi rientra in questa casistica, se essa è stata costituita dopo il matrimonio. Per tutelare l'interesse della famiglia e dell'azienda, pertanto, l'altro coniuge ha il diritto di chiedere l'autorizzazione a compiere l'atto, a dispetto del dissenso: tale richiesta deve essere inoltrata a un giudice.
Un avvocato civilista.