
Start up: quale situazione in Italia?
“Ci sono più incubatori e acceleratori che startup con reali prospettive di successo in Italia. E a qualcuno potrebbe venire il sospetto che nella corsa all’oro, chi guadagna è chi vende pale”. È quanto afferma Francesco Inguscio, fondatore e Ceo di Nuvolab, venture accelerator e società di advisory per l’innovazione. Questa dichiarazione illustra un’anomalia tutta italiana: il numero dei professionisti delle start up è di gran lunga inferiore alle start up vere e proprie, quelle divenute aziende capaci di essere presenti e competitive sul mercato italiano.
Il principale punto debole è la scarsità di exit, cioè la vendita di quote delle startup allevate dai nostri incubatori. Secondo i dati di Tech.eu, il mercato italiano ha sfornato appena 9 operazioni su 594 archiviate in Europa. Le fonti di reddito per le start up italiane non sono tanto i proventi dalle exit quanto le sponsorizzazioni da parte delle aziende del territorio per consulenze, formazione, eventi, affitti di spazi.
Si configura, dunque, un quadro preoccupante: in Italia, le start up sono un’occasione di business piuttosto che un business puro. E in questo non aiuta la scarsità di investimenti di capitali e l’età media: alla guida delle start up più innovative ci sono persone over 40. Una possibile conseguenza di tale situazione è lo spostamento dei capitali finanziari e umani all’estero.