
Gli addetti ai lavori si attendono, fra l'altro, anche un decreto, questa volta da parte del ministero dell'economia, che chiarisca meglio alcune parti della nuova normativa. A cominciare dal trattamento dei diritti di opzione: occorre spiegare se vanno assoggettati all'imposta sui trasferimenti di azione o a quella sui derivati. «Altri punti importanti in sospeso sono il trattamento degli ordini complessi e l'usufrutto di azioni», ha spiegato Giorgio Bellino fiscalista dell'Assosim (Associazione degli intermediari finanziari). Nel primo caso, si tratta di capire chi faccia il prelievo quando intervengono più intermediari che si passano fra loro l'ordine inviato dal cliente; nel secondo caso, se il trasferimento del diritto di godimento sia colpito dall'imposta analogamente a quello delle azioni.
Tornando al rinvio, le richieste degli operatori del settore sono state accolte solo parzialmente. La proroga auspicata, infatti, era sempre di tre mesi, ma dall'emanazione del provvedimento dell'Agenzia delle entrate che specificherà tutti i punti indicati. «In altri paesi europei fra provvedimenti applicativi e liquidazione dell'imposta intercorrono sei mesi», ha specificato Bellino. I calcoli non vengono fatti a mano e occorre dare tempo alle aziende che predispongono i software di elaborarli e testarli.
Tuttavia a rimanere deluso, forse, sarà anche il fisco, a causa dei mancati introiti: «Il saldo della tassa sulle transazioni finanziarie potrebbe essere negativo», ha spiegato Gianluigi Gugliotta segretario generale dell'Assosim. Secondo il sodalizio a fine 2013, l'incasso potrebbe aggirarsi poco sopra i 200 milioni di euro. A fronte però di questa entrata vanno sottratti gli importi legati al mancato gettito di Ires, Irap e capital gain: tutte imposte pagate dalle società attive sui mercati finanziari. Parte di queste imposte mancherà all'appello per via della riduzione dei volumi visto che molti operatori hanno preferito spostarsi su strumenti esenti. Pesa poi l'incognita del non regolamentato. Il grosso del gettito (quasi il 70%) doveva arrivare dalle transazioni su titoli azionari sui mercati over the counter, l'85% di queste operazioni viene perfezionato all'estero. Si tratterà di capire quanto gli operatori esteri siano rimasti fedeli all'operatività sui titoli italiani, nonostante l'inasprimento del carico fiscale e i nuovi costi amministrativi e legali per prelievo, calcolo e liquidazione dell'imposta. Completano il quadro il rischio di pesanti sanzioni amministrative da risolvere in sede internazionale. A questo proposito, visto il rinvio, non potrà ricevere risposta l'interrogazione parlamentare del senatore Pierantonio Zanettin (Pdl) che chiedeva al governo delucidazioni sul gettito e le potenziali distorsioni dell'imposta e se fosse il caso di abolire il prelievo visto i problemi di volumi sui titoli italiani.
Lo stato stimava, dalla Tobin tax, introiti, nel 2013, pari a poco più di un miliardo di euro (1.004,4 milioni); di questi 987 milioni dovevano arrivare dalla tassa sui trasferimenti di titoli azionari, 17 dai derivati e 400 mila euro dalle operazioni ad alta frequenza.
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