
I maggiori interessati al nuovo criterio di calcolo della rendita sono i giovani. Il meccanismo del metodo contributivo è abbastanza semplice. Tre i parametri cui fare riferimento: la retribuzione, la cosiddetta aliquota di computo e il coefficiente di trasformazione del montante contributivo. Con il versamento dei contributi il lavoratore accantona il 33% (aliquota di computo dei dipendenti) della propria retribuzione. Il conto contributivo viene rivalutato annualmente sulla base della dinamica quinquennale del pil. Alla data del pensionamento, al montante accumulato si applica un coefficiente di conversione correlato all'età. Occorre aggiungere che i coefficienti di trasformazione di cui sopra sono stati recentemente rivisti (al ribasso) proprio con decorrenza 2013: 4,661%, per chi sceglie di lasciare il lavoro a 60 anni, al 4,940% per chi resiste fino a 62 anni e al 5,826% per chi decide di arrivare fino a 67 anni. Il montante si ricava applicando alla base imponibile (retribuzione o reddito) l'aliquota di computo: 33% per i lavoratori dipendenti, 21,75% per gli autonomi (che salirà al 24% del 2018) e 27% per i co.co.pro. iscritti alla gestione separata Inps. La somma così ottenuta si rivaluta su base composta al 31 dicembre di ogni anno, con esclusione della contribuzione dello stesso anno, al tasso di capitalizzazione dato dalla variazione media quinquennale del prodotto interno lordo (pil) nominale, calcolato dall'Istat. Con una apposta nota l'Inps comunicato il tasso di capitalizzazione per il 2013 (1,011344, media quinquennio precedente), indice utile per rivalutare il montante maturato alla data del 31 dicembre 2011, che con l'aggiunta degli accantonamenti relativi al 2012 e 2013, serve praticamente a liquidare le pensioni con decorrenza 2013.