Impedito controllo: definizione
L’articolo
2525 del Codice Civile parla di impedito controllo per identificare il
comportamento degli amministratori che ostacolano o addirittura impediscono lo
svolgimento delle attività di revisione o di controllo che spettano ai soci,
alle società di revisione o ad altri organi sociali, attraverso l’occultamento
di documenti o comunque con altri artifici ad hoc. Per tale comportamento è
prevista una sanzione amministrativa pecuniaria, con una multa che può arrivare
fino a 10.329 euro, mentre è prevista la reclusione fino a un anno nel caso in
cui la condotta abbia provocato un danno ai soci (in tale circostanze, però, si
può procedere unicamente a querela della persona offesa). Inoltre, se si tratta
di una società con titoli diffusi tra il pubblico in misura significativa, con
titoli quotati in mercati regolamentati italiani o con titoli quotati in mercati
regolamentati di altri Stati dell’Unione Europea, la pena viene raddoppiata.
Qual è la
ratio legis?
Lo scopo è
quello di tutelare l’esercizio regolare dell’attività di controllo.
Quando si
verifica il reato di impedito controllo?
Secondo la
sentenza n. 11639/2012, il reato di impedito controllo si consuma nel momento
in cui l’evento di danno previsto dalla fattispecie incriminatrice si
verifica: esso è, ovviamente, sempre successivo rispetto al comportamento di
impedimento del controllo. Per questo motivo, il termine per la presentazione
della querela decorre unicamente a partire dal momento in cui si concretizza il
danno.
Un avvocato
civilista o un penalista d’impresa.
1. Quali sono il soggetto attivo e il soggetto passivo del reato?
Il soggetto
attivo è rappresentato dall’amministratore o dagli amministratori, mentre
il soggetto passivo non si identifica nella società ma nei soci: infatti, anche
se l’impedito controllo può avere ostacolato o reso impossibile il controllo
degli organi della società, tale comportamento diventa un reato unicamente nel
momento in cui causa un danno ai soci. Lo stesso fatto tipico, per altro, può
essere oggetto di delitto o di illecito amministrativo: si tratta, pertanto, di
un reato di evento, in quanto la sanzione penale non scatta con la messa in
atto della condotta ma con il concretizzarsi del danno per i soci. Il dolo
specifico è l’elemento soggettivo, dal momento che gli amministratori devono
essersi comportati in modo da impedire l’attività di controllo.
2. Il reato è stato depenalizzato?
Sì, il decreto
legislativo n. 8 del 15 gennaio del 2016, che è entrato in vigore a partire
dal 6 febbraio dello stesso anno, ha depenalizzato la fattispecie
contravvenzionale prevista dall’articolo 29 del decreto legge 39 del 2010 al
comma 1. La depenalizzazione ha ridotto le pene previste precedentemente: fino
al 6 febbraio del 2016, infatti, non solo l’ammenda prevista era fino a 75mila
euro, ma il periodo di reclusione poteva durare fino a diciotto mesi. Questa
fattispecie di impedito controllo è stata trasformata in illecito
amministrativo; inoltre, è stato ridotto l’importo della sanzione, che è
passato a 75mila euro a 50mila euro (10mila euro nel caso di impedito controllo
“interno”). Sin dall’introduzione dei reati societari nel decreto legge 231
l’impedito controllo rappresenta un reato presupposto della responsabilità
dell’ente, con una sanzione pecuniaria che va da 100 a 180 quote secondo quanto
previsto dal testo della disposizione (in realtà le quote previste vanno da 200
a 360 perché la legge n. 262/2005 sulla riforma del risparmio ha previsto il
raddoppio del loro numero).