
In alcuni casi l'omissione del nominativo delle parti discende obbligatoriamente dal Codice della privacy: si tratta dei minori e delle parti nei procedimenti che hanno ad oggetto i rapporti di famiglia e lo stato delle persone (come le controversie in materia di matrimonio, filiazione, adozione, abusi familiari, richieste di rettificazione di sesso), anche quando il giudizio si riferisca ad aspetti patrimoniali o economici.
Per evitare la rintracciabilità dei minori e degli altri soggetti protetti, devono essere omessi i dati da cui se ne possa desumere l'identità: questo vale, ad esempio, per i nominativi dei genitori del minore o la scuola da questo frequentata, o l'indirizzo dell'abitazione delle parti processuali.
L'oscuramento ex lege riguarda le parti del processo e non tutti gli interessati, come potrebbero esserlo i testimoni o il consulente: questi ultimi non beneficiano dell'oscuramento automatico, anche se possono sempre chiedere al giudice di non essere nominati, spiegandone le ragioni.
Dall'oscuramento automatico si distingue, dunque, la anonimizzazione a richiesta: in questo caso le parti o gli altri soggetti interessati dal processo (testimoni e consulenti) possono chiedere al giudice di non essere nominati, ma devono farlo prima che il processo sia definito: l'istanza proposta dopo la definizione del giudizio (ad esempio, dopo la sentenza) è priva di effetto.
L'istanza deve essere motivata facendo riferimento ad esempio alla delicatezza della vicenda oggetto del giudizio o la particolare natura dei dati contenuti nel provvedimento.
Altra ipotesi è quella della anonimizzazione d'ufficio da parte del giudice. È una ipotesi diversa dall'oscuramento ex lege (perché qui è il giudice che deve valutare caso per caso) ed è diversa dall'oscuramento a richiesta (perché il giudice provvede in merito, anche senza una istanza della parte interessata).
Il giudice, a questo proposito, devono considerare le possibili negative conseguenze sui vari aspetti della vita sociale e di relazione dell'interessato, dall'ambito familiare a quello lavorativo, soprattutto in relazione a dati sensibili e ai dati supersensibili (salute e vita sessuale).
Sia nel caso della anonimizzazione a richiesta sia in quella d'ufficio la cancelleria o la segreteria giudiziaria appone sull'originale del provvedimento, all'atto del deposito da parte del magistrato, anche con un timbro, un'annotazione: citato l'articolo 52 del codice della privacy si deve prescrivere: «in caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi di...».
Gli uffici giudiziari non devono fare altro e tanto meno mettersi a cancellare materialmente i dati dell'interessato sulle copie dei provvedimenti: spetta a chi riceve la copia provvedere all'omissione dei dati ove intenda riprodurla e diffonderla per finalità di informazione giuridica.
Tutte le cautele illustrate dal provvedimento in esame riguardano sia la sentenza nella sua integralità sia eventuali sunti e massime.