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Aborto, la legge irlandese nel mirino Ue

del 21/12/2010
di: Valerio Stroppa
Aborto, la legge irlandese nel mirino Ue
La legge antiabortista irlandese nel mirino dei giudici della Corte europea dei diritti dell'uomo. La Grande camera di Strasburgo, infatti, ha da un lato affermato che il divieto costituzionale all'interruzione volontaria di gravidanza non viola la Convenzione europea dei diritti umani, ma dall'altro lato ha ritenuto che nei casi in cui vi è un serio rischio per la salute della madre il legislatore nazionale non deve creare ostacoli all'accesso alla pratica abortiva, costringendo le donne a recarsi all'estero. I principi sono stati affermati con la sentenza nella causa n. 25579/05 avviata da tre cittadine contro l'Irlanda. Le fattispecie all'attenzione dei giudici riguardavano i casi di donne che, per effetto della rigida normativa anti-aborto vigente in Irlanda (insieme a quella di Malta la più restrittiva dell'Ue) , avevano dovuto viaggiare in Inghilterra per interrompere la gravidanza. Due donne si trovavano in condizioni psichiche ed economiche non ottimali, mentre la terza ai tempi della gestazione era reduce da una dura battaglia col cancro. Con riferimento ai primi due casi, la Corte ha affermato che le leggi irlandesi non violano la Convenzione europea, che garantisce «il diritto al rispetto della vita privata e familiare». Sul terzo caso, però, i giudici hanno affermato che quando la donna ha scoperto di essere incinta ha legittimamente temuto per la sua vita, ritenendo che la gravidanza potesse aumentare il rischio di un ritorno del cancro. I giudici spiegano che ciò costituisse un rilevante pericolo per la vita della donna, tale da minare i valori e gli aspetti fondamentali del diritto al rispetto e alla tutela della sua vita privata. Non era necessario, contrariamente a quanto affermava il governo irlandese, che la ricorrente fornisse prova scientifica dei suoi timori (peraltro in assenza di procedure cliniche domestiche in grado di quantificare detto rischio). Pertanto, la Corte rileva che la legislazione irlandese ha violato l'articolo 8 della Convenzione. I giudici dispongono quindi un risarcimento economico di 15 mila euro in favore della donna.

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