La questione, particolarmente controversa nei settori dell'artigianato, del commercio e del turismo, ruota attorno alla riconduzione dell'obbligo di iscrizione all'ente bilaterale nella parte economico/normativa ovvero in quella obbligatoria del contratto collettivo di lavoro. Invero, con diverse circolari di interpretazione dell'articolo 10 della legge n. 30 del 2003 (tra cui in particolare la n. 4 del 2004), il ministero del lavoro si era già pronunciato in materia affermando l'impossibilità di imporre ex lege, e tanto meno in base al contratto collettivo, un obbligo di adesione agli enti bilaterali.
Ciò alla luce del principio costituzionale di libertà sindacale, da leggersi qui in chiave negativa. Vale a dire come libertà di non aderire ad alcuna associazione stipulante il contratto collettivo istitutivo dell'ente bilaterale di riferimento ovvero ad associazioni da esse derivati come sono appunti gli enti bilaterali stessi.
Tale affermazione non risulta affatto superata dalla posizione che il ministero ha assunto ieri con la circolare in commento. Senza porre in discussione la piena facoltà di ogni datore di lavoro di esercitare il proprio diritto di libertà sindacale negativa, si compie infatti un importante passo in avanti, consistente nel riconoscere, nelle tutele offerte dagli enti bilaterali, un vero e proprio diritto spettante a ciascun lavoratore. Ciò almeno là dove sia espressamente previsto in questo senso da parte del contratto collettivo di riferimento, quantificando il valore economico della tutela o prestazione affidata alla bilateralità. Se infatti si ammettesse che solo i dipendenti dei datori di lavoro o delle imprese iscritte agli enti bilaterali abbiano il diritto di godere di quelle previdenze o assistenze integrative che detti enti sono in grado di offrire, si finirebbe per privare i lavoratori delle imprese non aderenti al sistema della bilateralità di tutele e protezioni che possono assumere, là dove voluto dalle parti stipulanti, i tratti di retribuzione aggiuntiva. Se così fosse, sarebbero allora i principi di uguaglianza e di retribuzione adeguata, proporzionata e sufficiente, parimenti suggellati a livello costituzionale, a risultare compressi.
La soluzione proposta ora in prima persona dal ministro del lavoro pone fine alle incertezze che, sino a oggi, hanno caratterizzato la materia, riuscendo a contemperare le distinte esigenze dei lavoratori e dei datori di lavoro. Questi ultimi, infatti, pur rimanendo liberi di scegliere se aderire o meno al sistema della bilateralità, non potranno tuttavia privare i propri dipendenti di quegli elementi aggiuntivi di retribuzione che vengono configurati in termini di diritto dalla contrattazione collettiva. Il datore di lavoro che decida di non iscriversi agli enti bilaterali di riferimento non potrà dunque esimersi dall'erogare quello stesso servizio mediante il versamento direttamente al lavoratore (previa quantificazione in termini economici da parte del contratto collettivo) di una somma fortettaria (su base mensile e/o annuale) ovvero attraverso il riconoscimento di una prestazione equivalente.