
I risvolti agricoli. Il ministro alle politiche agricole, Giancarlo Galan, spiega così il blitz in Cdm: «Nel provvedimento è stata inserita una norma che non consente di costruire su terreni agricoli impianti fotovoltaici a terra superiori a un MW. In questo modo intendiamo proteggere il terreno agricolo dalle speculazioni industriali, stabilendo, che esso deve essere utilizzato in primo luogo per l'agricoltura». Galan, poi, spiega di aver «ottenuto che la grandezza degli impianti sia direttamente proporzionale alla superficie agricola posseduta, in modo che non si possa utilizzare più del 10% del terreno a disposizione per sviluppare impianti fotovoltaici a terra». Di più. Questi impianti, secondo il ministro, «devono essere considerati come una delle possibili scelte degli agricoltori, quindi come un nuovo prodotto dell'agricoltura». A riguardo, il Galan si è detto «intenzionato a insistere nel corso dell'approvazione dello schema di dlgs sull'introduzione della cedibilità dei crediti futuri per la produzione di energia». Perché così, «a costo zero e senza gravare direttamente sui bilanci pubblici, se non nella misura degli incentivi garantiti per le rinnovabili, gli agricoltori potrebbero autofinanziarsi. Per esempio», chiosa il ministro, «al fine di acquistare nuove tecnologie nel campo agricolo».
Il limite di consumo del suolo agricolo al 10% viene però spiegato in modo diverso da una nota del ministro dell'ambiente, Stefania Prestigiacomo. Che estende il blocco a tutta la filiera delle energie pulite. «Per i terreni agricoli», avverte il ministero dell'ambiente, «si fissa un limite del 10% nella quota di appezzamenti utilizzabili per la produzione di fonti rinnovabili». Tutte le fonti rinnovabili, dunque, non il solo fotovoltaico.
Sia come sia, l'interesse delle politiche agricole sulle energie rinnovabili è sicuramente giustificato, Negli ultimi anni il primario ha effettuato grossi investimenti in materia per arrivare alla creazione di oltre 200 nuovi impianti già in esercizio e di altri 400 in corso di accreditamento. Lo schema di dlgs, per altro, conferma gli incentivi per il settore e ne garantisce il livello per tutto il periodo di durata agli impianti già in esercizio e a quelli, che saranno avviati entro il 2012. Il traguardo, spiega ancora Galan è una «certificazione della sostenibilità dei biocarburanti utilizzati nei trasporti», che garantisca la loro provenienza e l'effettivo contributo all'abbattimento delle emissioni in atmosfera.
Il dlgs sull'energia pulita, comunque, mira nel suo complesso «a diminuire gli oneri indiretti legati al processo di realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili (dall'autorizzazione alla connessione, all'esercizio), riducendo i costi specifici di incentivazione», spiega una nota dell'esecutivo. Il provvedimento cambierà il sistema di incentivazione, a partire dal 2013, prevedendo per gli impianti di piccola taglia (fino a 5 MW) un meccanismo a tariffa fissa e per quelli di taglia maggiore un sistema di aste competitive. Sparirà, però, il borsino dei certificati verdi, come strumento di recupero dei costi indiretti. L'onere legato all'incentivazione delle fonti alternative verrà, in compenso, recuperato sul prezzo dell'energia, ricavato dalle tariffe. Questi i futuri strumenti di incentivazione in cantiere: incentivo per il biometano immesso nella rete; fondo a favore dello sviluppo dell'infrastruttura per il teleriscaldamento e il teleraffreddamento; incentivi per la produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili; contributi per la produzione di energia termica da piccoli impianti; potenziamento del sistema di incentivi per l'efficienza energetica, attraverso i certificati bianchi; fondi in favore dello sviluppo tecnologico e industriale. Quindi, lo schema di dlgs prevede tutta una serie di norme legate all'edilizia, come, per esempio, nuove informative da inserire in rogiti e contratti di locazione sul classamento energetico degli edifici. O l'indicazione esplicita dell'indice di prestazione energetica degli immobili, sugli annunci di vendita di edifici e unità abitative.
Il resto del Cdm. L'esecutivo ha nominato il generale di corpo d'armata, Biagio Abrate, capo di stato maggiore della Difesa. Abrate prenderà il posto del generale Vincenzo Camporini, che lascerà l'incarico il 17 gennaio. Infine, è saltata la nomina di Antonio Catricalà a presidente dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas. Catricalà ha rinunciato.