
La Consulta, si legge nella sentenza redatta dal vicepresidente Ugo De Siervo, ha dichiarato l'illegittimità delle norme regionali in quanto esse hanno invaso la competenza esclusiva dello stato in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema (art. 117, secondo comma, lettera s) per quanto riguarda il settore dell'energia nucleare e dei rifiuti radioattivi. Ciò non toglie, ha affermato la Corte, che nella localizzazione degli impianti e dei depositi nucleari sia necessaria l' «intesa tra lo stato e la regione interessata». Anche se «la disciplina di queste forme collaborative spetta al legislatore, titolare della competenza legislativa in materia». La Consulta ricorda di aver già «evidenziato la necessità di garantire adeguate forme di coinvolgimento» delle regioni quando nello scorso mese di luglio rigettò i ricorsi di dieci regioni (Toscana, Umbria, Liguria, Puglia, Basilicata, Lazio, Calabria, Marche, Emilia Romagna e Molise) che avevano impugnato la legge delega 99 del 2009 con cui il governo ha fissato i principi generali per il ritorno del nucleare in Italia. «Va poi da sé», hanno proseguito i giudici, che le scelte del legislatore statale «potranno essere sottoposte al vaglio di costituzionalità che spetta a questa Corte, ove ritenute non rispettose dell'autonomia regionale». Ma, ha proseguito la Consulta, «in nessun caso, la regione potrà utilizzare la potestà legislativa allo scopo di rendere inapplicabile nel proprio territorio una legge dello stato che ritenga costituzionalmente illegittima, se non addirittura dannosa o inopportuna». Le regioni potranno dunque impugnare davanti alla Consulta il decreto delegato n. 31 del 2010 in cui si indicano le aree che potranno essere scelte dagli operatori per la costruzione delle prossime centrali nucleari, ma non possono preventivamente vietare con legge regionale l'installazione degli impianti sul loro territorio.