
Secondo la società, la scelta di rinunciare agli importi vantati era stata adottata sia per evitare «il protrarsi di costose azioni giudiziarie» sia perché le stesse «avrebbero rischiato di far perdere un prezioso cliente». La rinuncia al credito, pertanto, era ritenuta dalla spa giustificata da valutazioni di opportunità gestionale, che non compromettevano la deducibilità.
La Ctp Reggio Emilia rileva che è necessaria la dimostrazione dell'inevitabilità della perdita e, pertanto, l'esperimento da parte dell'imprenditore di ogni possibile azione (giudiziale o stragiudiziale) per il recupero delle somme. Tuttavia, laddove il creditore rinunci alle proprie spettanze, tale scelta deve costituire, si legge nella sentenza, «il male minore, per il probabile costo dell'azione in rapporto all'ammontare e/o tipologia del credito, per le ipotizzabili possibilità di recupero o per altri motivi, che però devono essere sempre supportati dalla ragionevolezza nell'ambito di una proficua gestione dell'impresa». In sostanza, secondo i giudici emiliani, il timore di perdere un buon cliente giustifica la rinuncia al credito, senza pregiudicare la possibilità di dedurre fiscalmente la perdita. Tuttavia, è onere dell'imprenditore dimostrare che il debitore è per lui un cliente importante, e che il «pro» di un'azione giudiziale o stragiudiziale (recupero del credito) porterebbe in realtà un «contro» ben maggiore (la perdita del cliente stesso). Nel caso di specie, non avendo la ricorrente dato prova di ciò, il rilievo dell'ufficio è ritenuto legittimo, anche se l'atto impugnato viene parzialmente annullato sulla base di altre motivazioni.