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Compensi, Cassazione avanti tutta

del 14/09/2010
di: di Marino Longoni
Compensi, Cassazione avanti tutta
L'ordinanza 18702 del 13 agosto sull'indeducibilità dei compensi degli amministratori di società di capitali non è un incidente di percorso, ma un filone interpretativo che si sta consolidando. Ed è quindi probabile che non sarà l'ultima in questo senso. Anche perché la stessa riforma del 2004 non sembra in grado di arginare questo orientamento giurisprudenziale. Lo dice a ItaliaOggi Paolo D'Alessandro il relatore di quella che è stata una delle più contestate decisioni della Cassazione degli ultimi tempi.

Domanda. Consigliere D'Alessandro, la vostra decisione sulla indeducibilità dei compensi degli amministratori ha gettato lo scompiglio tra gli esperti di diritto tributario. ItaliaOggi Sette (che ha titolato il numero in edicola questa settimana: «Cassazione, la spallata») ha provato a proporre un'interpretazione che arginasse la portata deflagrante della sentenza. La tesi è che sarebbero indeducibili solo i compensi percepiti dagli amministratori di società di capitali che ne siano anche soci. In questo caso infatti vi può essere un accostamento alla figura dell'imprenditore. Laddove invece l'amministratore non sia socio non si configurerebbe un rapporto di dipendenza che escluderebbe di porre il problema dell'indeducibilità. È d'accordo con questa interpretazione?

Risposta. No, anche quando l'amministratore non è socio è da escludersi che sia un lavoratore dipendente perché la società opera comunque attraverso di lui. D'altra parte negli stessi termini la Cassazione si era già espressa con una decisione del 2006, con l'unica differenza che in quel caso ci si trovava di fronte ad un amministratore unico.

D. Lo stesso orientamento interpretativo resta valido dopo la riforma che nel 2004 ha riscritto le norme del Testo unico?

R. In linea di massima direi di sì. Finora già due diversi collegi della Corte di cassazione si sono espressi nella stessa direzione, in relazione alla vecchia norma. Ma solo quando ci si presenterà l'occasione avremo modo di studiare a fondo la questione in relazione alle nuove norme.

D. Signor consigliere, si rende conto che scompiglio si verrebbe a creare tra le società di capitali che, senza eccezione, hanno sempre ritenuto deducibili questi compensi? E senza che l'amministrazione finanziaria abbia mai sollevato obiezioni?

R. In realtà, come dicevamo prima, un precedente già c'era e quindi il problema si sarebbe dovuto porre da qualche anno.

D. Quindi lei è convinto che si tratti di un orientamento destinato a consolidarsi?

R. Difficile prevedere il futuro, ma ritengo che la Cassazione non cambierà idea, salvo che le vengano sottoposti argomenti nuovi.

D. molti commentatori hanno contestato il fatto che sia stata la Cassazione a rilevare d'ufficio la questione della indeducibilità senza che l'amministrazione finanziaria l'avesse richiesta in termini così generali

R. La questione sui limiti della cognizione è alquanto dibattuta. In linea di massima se l'Agenzia delle entrate contesta la deducibilità di un compenso, il motivo sul quale tale contestazione è fondata non limita il giudice. Il nostro compito, in ultima analisi, era proprio quello di definire la corretta interpretazione della norma, invocata dal contribuente, che dispone la deduzione. E, onestamente, di fronte a quelle disposizioni mi sembra difficile arrivare a una conclusione diversa.

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