
Commercialista in Spagna senza esami. È questo il nuovo spot che circola nella rete. Ad occuparsi di tutto è una società specializzata che pensa «alla totale gestione del procedimento amministrativo presso il ministero spagnolo col fine di ottenere il provvedimento per potersi iscrivere all'illustre «Colegio de los Economistas» spagnolo». Ma non solo. Si chiarisce ancora che «il rilascio del decreto da parte delle istituzioni spagnole dipende solo ed esclusivamente da una valutazione discrezionale realizzata dalle suddette istituzioni e non da un esame (necessario in Italia per iscriversi al relativo ordine, ndr). Tempo stimato per il conseguimento del titolo: da 6 a 9 mesi circa». Stando alla pubblicità, i vantaggi per gli aspiranti commercialisti sarebbero molteplici. «In Spagna non esiste un sistema di accesso controllato alle professioni e in specie per quella di commercialista. Un laureato spagnolo appena conseguita la laurea può iscriversi presso un collegio spagnolo e cominciare ad esercitare. In Italia questo non è possibile in quanto una volta conseguita la laurea occorrono tre anni di tirocinio e soprattutto occorre sottomettersi all'esame di stato. Tuttavia la normativa italiana recependo la normativa europea consente agli italiani di poter percorrere quella che volgarmente viene conosciuta come la via spagnola».
La possibile sorpresa al ritorno in Italia. Il meccanismo che legittima la via spagnola è contenuto nella direttiva servizi, recepita in Italia con il dlgs 59/2010, che snellisce il sistema di autorizzazione per l'esercizio delle professioni nei paesi europei. La norma però dà la possibilità di stabilire, all'interno delle conferenze dei servizi interministeriali per l'omologazione di un titolo conseguito all'estero, delle misure compensative. A ciascun ordine il compito di individuare, in base al paese di provenienza, la più idonea. E il consiglio nazionale dei dottori commercialisti ha già deciso che la l'unica misura compensativa per un «economistas» deve essere l'esame di stato. Nel corso dell'ultima conferenza dei servizi in primavera, infatti, si è presentato il caso di un abilitato in Spagna. E il delegato del Cndcec, Andrea Bonechi, ha portato all'attenzione dei magistrati la posizione della categoria. «Questo sistema è una truffa», ha spiegato il consigliere nazionale con delega alle tematiche professionali, «e l'ordine non intende iscrivere alcun furbo all'albo». Il risultato? Posizione messa a verbale. E omologazione sospesa per il pioniere della scorciatoia.
Pugno duro anche dalla giurisprudenza. Contro il mancato riconoscimento del titolo conseguito all'estero è sempre possibile ricorrere alla magistratura amministrativa. Ma anche se la disciplina è cambiata con il recente recepimento della direttiva servizi, in passato il Consiglio di stato è stato tutt'altro che morbido. Con la decisione 7496 del 30/11/2009 i giudici hanno ritenuto che la normativa contenuta nell'art. 1 del decreto legislativo n. 115 del 1992 non consente il riconoscimento di un diploma di ingegnere (spagnolo) che è a sua volta frutto del riconoscimento di un precedente diploma (triennale) di ingegnere (italiano). In questo caso, infatti, si verificherebbe quello che la giurisprudenza qualifica come «gioco degli specchi» o «riconoscimento di secondo grado». In sostanza, afferma il Consiglio di stato, «la normativa precitata non è applicabile al caso in esame, in cui non c'è un professionista diplomato migrante ma un diploma italiano che è migrato in Spagna, ha ottenuto una sorta di attestazione di qualità ed è poi tornato in Italia pretendendo di aver acquisito una veste diversa». Stabilito il principio, di conseguenza, i problemi non sono esclusi per coloro che sono diventati abogados in Spagna e hanno chiesto l'iscrizione all'ordine italiano.