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Enasarco, chiesto il tavolo tecnico

del 02/09/2010
di: di Luca Gaburro
Enasarco, chiesto il tavolo tecnico
La recente interpellanza presentata da Sergio Piffari (Idv) n. 2-00785 del 6 luglio scorso, concernente iniziative relative alla dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali privatizzati, con particolare riguardo al progetto di vendita dei circa 18 mila appartamenti Enasarco, ha previsto l'istituzione di un comitato tecnico composto da enti locali, enti privatizzati stessi e sindacati degli inquilini per individuare soluzioni a tutela del diritto in capo all'inquilino sia a una equa valutazione del prezzo dell'immobile da parte dell'ente proprietario sia del diritto di prelazione.

Tutto ciò in considerazione anche del fatto che il prezzo di vendita delle case Enasarco è fissato sulla base dei prezzi indicati dall'Agenzia del territorio, che secondo l'interrogante «spesso prescinde dal reale andamento del mercato. Infatti questa crisi ha avuto (...) forti ricadute e forti impatti anche sul prezzo degli immobili, mentre il prezzo fissato dall'Agenzia non tiene conto neppure dell'evoluzione che c'è stata recentemente sul mercato».

Il sottosegretario al lavoro Pasquale Viespoli ha risposto all'interpellanza di cui appena sopra in data 22 luglio, confermando l'utilità del tavolo concertativo richiesto, allargato a tutti i soggetti pubblici competenti e sottolineando come tale decisione vada nella direzione indicata dall'art. 8, comma 15 del decreto legge 78/2010. Tale articolo subordina infatti le operazioni di acquisto e vendita degli immobili degli enti in oggetto alla verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica da attuarsi con decreto del ministero dell'economia e delle finanze, di concerto col ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Previsione che si estrinsecherebbe in un maggiore controllo pubblico, sul quale Federagenti già si è espresso favorevolmente, senz'altro utile ad approfondire gli aspetti in sospeso dell'operazione di vendita Enasarco, a nostro parere legata a molteplici variabili scarsamente governabili e che potrebbe mettere a rischio il futuro previdenziale di una intera categoria.

Sul punto riteniamo utile rammentare le risultanze di uno studio commissionato da Federagenti a una importante società indipendente di advisory e asset management immobiliare per la valutazione del patrimonio abitativo Enasarco. L'analisi, effettuata nel 2008 e quindi prima della crisi del mercato immobiliare, mostra proprio come in virtù dei meccanismi di fissazione del prezzo di vendita stabiliti dalla Fondazione e a cui si è riferito Piffari, dello stato manutentivo degli immobili e della tipologia dell'inquilinato, la plusvalenza derivante dalla vendita potrebbe essere pari alla metà di quanto ipotizzato dall'Enasarco, con ciò mettendo in serio rischio l'impianto del c.d. «progetto Mercurio». Progetto che prevede successivamente l'investimento della citata plusvalenza in Borsa e strumenti finanziari con l'obiettivo di un rendimento del 5% per migliorare lo stato delle Casse dell'ente e che comunque anche in caso di successo non consentirebbe di raggiungere il requisito minimo fissato dal legislatore per gli enti gestori di forme di previdenza quali l'Enasarco, ovverosia una sostenibilità finanziaria trentennale.

Su quest'ultimo aspetto attende risposte dal ministro Sacconi anche l'interrogazione presentata da Gianpiero D'Alia (Udc) lo scorso 29 giugno, che chiede se non sia doveroso da parte del ministero del lavoro, prima dell'inizio delle vendite, richiedere all'Enasarco «adeguate garanzie in grado di confermare l'obiettivo del rendimento del 5% sul mercato finanziario» a fronte dei principi di prudenza di cui alla circolare dello stesso dicastero del 16 marzo scorso e se non sia opportuno «in mancanza di tali garanzie (...) invitare la Fondazione a sospendere il già richiamato progetto Mercurio». Tutto ciò nella premessa, a detta dell'interrogante, che «il raggiungimento di tale rendimento sul mercato finanziario appare oggi irrealizzabile, a meno che non si ricorra all'adozione di strumenti ad alto rischio che mal si adatterebbero al portafoglio di un ente di previdenza».

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