
Un altro nodo che il governo dovrà sciogliere in tempi brevi riguarda le modalità delle perequazione. Come anticipato da ItaliaOggi il 14/4/2010, il decreto sull'autonomia impositiva individuerà un meccanismo per salvaguardare gli enti, soprattutto quelli più piccoli, che potrebbero risultare penalizzati nel passaggio dai trasferimenti all'imposta unica municipale (perché, per esempio, il taglio ai contributi statali non risulta compensato, a causa dell'esiguo numero di compravendite immobiliari registrate nel comune, dal gettito del nuovo tributo).
«Bisogna evitare che, togliendo i trasferimenti, i comuni che hanno più gettito si trovino più ricchi», ha detto Tremonti. Che sarebbe tentato dall'idea di escludere del tutto i piccoli comuni da questo meccanismo.
Il numero uno di via XX settembre ha anche annunciato che, dopo il decreto sull'autonomia impositiva dei comuni sarà la volta di quello sulle province che verrà varato quando si troverà l'allineamento tra competenza e gettito degli enti intermedi. «I comuni non creano particolari problemi da questo punto di vista perché per loro è evidente il legame tra cosa amministrata e cosa tassata». Non così per le regioni che gestiscono la sanità finanziandola col gettito dell'Iva e dell'Irap. Motivo per cui il decreto sull'autonomia fiscale dei governatori slitterà all'autunno.
Intanto però i comuni, che per accelerare sul fisco locale hanno mandato giù la pillola amara della manovra, hanno messo in guardia il ministro dal fare marcia indietro sull'imposta unica municipale. «Nell'accordo firmato a palazzo Chigi con Berlusconi», ha ricordato il presidente dell'Anci Sergio Chiamparino, «c'e' scritto che entro il 31 luglio il cdm deve approvare un decreto sull'autonomia impositiva dei comuni, che non prevede alcuna nuova tassa, ma un'imposta unica che accorpa quelle già esistenti sugli immobili. Quando si firma un accordo si sancisce un reciproco spirito di affidabilità; se viene meno, cade la sostanza politica di quell'accordo». Alla luce degli ultimi incontri tecnici tenuti al ministero dell'economia (definiti da Chiamparino «riunioni di facciata»), l'Anci ha chiesto al governo di rispettare l'accordo firmato a palazzo Chigi e soprattutto di poter vedere i testi «che devono essere concordati».