
La sanzione arriva al termine di un'istruttoria avviata dall'Antitrust per verificare l'adeguamento delle categorie al nuovo dettato normativo introdotto con le liberalizzazioni di Bersani. Il decreto legge 223/2006, infatti, fra le altre cose, ha cancellato l'inderogabilità dei minimi tariffari. Il Cng, nel corso dei diversi confronti con il garante, ha avuto modo di sostenere come «le tariffe professionali siano poste anche a tutela della dignità e del decoro del professionista; esse, pertanto, sarebbero necessarie ed è necessario il controllo su di esse operato dagli ordini professionali secondo l'ordinamento giuridico costituito dall'art. 33, comma 5, della Costituzione, dall'art. 2233 cod. civ., e dagli artt. 2222, 2229 e 2238 cod. civ., che opera una fondamentale distinzione tra professionista e attività organizzata in forma di impresa, non potendo essere messo in dubbio che l'art. 2233 cod. civ. possa essere applicato anche dagli ordini professionali». Di conseguenza per il Cng, «non può essere richiesto ad alcun lavoratore, libero professionista ovvero dipendente, di rinunciare alla dignità e al decoro nello svolgimento della propria attività professionale o lavorativa, in quanto previsto dalla Costituzione». Obiezioni non accolte dall'Autorità da sempre ferma sul principio che i professionisti sono impresa e quindi si devono uniformare alla disciplina Antitrust. Di conseguenza ha deciso, dopo anni di avvertimenti, di utilizzare il pugno di ferro con i geologi ricorrendo all'articolo 15, comma 1, della legge n. 287/90. Quest'ultima, infatti, prevede che l'Agcm, nei casi di infrazioni gravi, disponga l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria fino al dieci per cento del fatturato realizzato da ciascuna impresa nell'ultimo esercizio, considerate la gravità e la durata dell'infrazione.