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Monta la protesta dei ricercatori

del 24/06/2010
di: Pagina a cura di Benedetta Pacelli
Monta la protesta dei ricercatori
La riforma universitaria arranca ma la protesta dei ricercatori avanza a passo di marcia. Per ora sono circa 7 mila (pochi giorni fa erano 5200) coloro che il prossimo anno accademico incroceranno le braccia dalla didattica. A rilevarlo è un monitoraggio del «Comitato 29 aprile», nato da un gruppo di ricercatori per seguire la riforma e alimentare la protesta. Che non fa altro che confermare la tensione dei rapporti fra ministero dell'università e mondo accademico. Dato che, il Miur ha prorogato più volte la scadenza per la presentazione dell'offerta formativa da parte degli atenei; che a seguito dell'annunciata protesta non sono riusciti ancora a tracciare la mappa degli insegnamenti. E non è tutto. Se il disegno di legge sull'università non sarà modificato, la protesta sarà destinata ad aumentare. Con l'immediato risultato di paralizzare del tutto la didattica nella maggior parte degli atenei italiani. E il conseguente grido d'allarme dei rettori: una ventina di magnifici, infatti, è già andato a bussare alla porta del ministero dell'istruzione e dell'università Mariastella Gelmini per chiedere che proprio quei ricercatori a tempo indeterminato, la cui figura andrà ad esaurimento, vengano inquadrati nella terza fascia delle docenza, in qualità di associati. Ma i magnifici si dicono anche preoccupati «dei continui rinvii della stessa riforma».

I numeri della protesta. Secondo il Coordinamento nazionale dei ricercatori «il 29 aprile» sono 6680 i colleghi di 29 atenei per un totale di 180 facoltà che hanno aderito allo sciopero della didattica non obbligatoria per legge.La parte del leone la fa l'università senese il 100% dei ricercatori si asterrà dall' attività didattica, oltre il 90% anche all'università di Milano Bicocca con un'astensione di 55 ricercatori e quella di Roma Tor Vergata con 106 ricercatori che incroceranno le braccia. E poi oltre il 70% a Bologna (1005), più del 75% (877) all'università degli studi di Napoli Federico II e circa il 54% (867) nell'ateneo torinese uno dei primi in cui è partita la protesta.

I motivi. Quel che è certo è che i ricercatori non si fermeranno, protesteranno finché la legge sarà in Parlamento. Il nodo principale da sciogliere riguarda proprio loro. La riforma prevede, infatti, l'introduzione del ruolo di ricercatore a tempo determinato: questo potrà essere assunto con contratto triennale rinnovabile una sola volta e al termine del secondo triennio potrà essere assorbito come professore associato oppure uscire dall'ambito dell'università. E i ricercatori a tempo indeterminato? Per loro non ci sono grandi possibilità perché di fatto il ruolo viene confermato ad esaurimento (così come previsto dalla riforma Moratti) ma resteranno fuori anche da ogni progressione di carriera, senza per di più vedersi riconosciute le funzioni svolte e le competenze didattiche acquisite.

I tempi della riforma. In tutto questo il disegno di legge di riforma universitaria è arenato tra la commissione istruzione del senato dove è stato licenziato ormai da oltre un mese e l'aula di Palazzo Madama dove non sarà discusso prima della metà di luglio. Anche se esponenti della maggioranza non hanno esitato a dichiarare che la riforma sarà approvata dai senatori prima dell'estate

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