
In buona sostanza, al di fuori delle attività che possono essere fornite solo da soggetti iscritti ad albi o provvisti di specifica abilitazione, possono essere esercitate liberamente, in forma di lavoro autonomo o di impresa di servizi. La sentenza in esame si pone nel solco già tracciato in precedenza dalla stessa Corte di cassazione, in armonia con i principi dettati in materia dalla Consulta. Ci si riferisce alle due storiche sentenze nelle quali il giudice delle leggi aveva avuto modo di stabilire come il sistema degli ordini professionali avrebbe dovuto ispirarsi al concetto di concorrenza parziale e di interdisciplinarietà, escludendosi ogni altra «interpretazione delle sfere di competenza professionale in chiave di generale esclusività monopolistica» (Corte cost. n. 345 del 1995) e come l'elencazione delle attribuzioni di un data professione non potesse pregiudicare «l'attività professionale di altre categorie» anche «con riferimento agli spazi di libertà di espressione di lavoro autonomo e di libero esercizio di attività intellettuale autonoma non collegati a iscrizione a albi».
Del resto, tali principi erano stati fatti propri recentemente anche dal Tar Lazio, il quale, nella sentenza n. 3122/09, con riferimento gli iscritti all'albo dei dottori commercialisti ed esperti contabili, aveva affermato come gli stessi non abbiano alcuna attività riservata dalla legge. Tale principio del resto è oramai riconosciuto anche dai vertici del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili. In conclusione, si può affermare che i consulenti tributari possono svolgere legittimamente tutte le attività al di fuori di quelle esplicitamente riservate dalla legge a una particolare categoria di soggetti, come ad esempio la disposizione di cui all'art. 2397 c.c. circa l'attività di sindaco di società commerciali.
Antonio Tigani Sava
e Luca Bontempi