
La denuncia. La sentenza pronunciata ieri (si veda anche ItaliaOggi del 22 gennaio) riguarda due ricorsi di due dipendenti Alitalia. Due lavoratori impiegati part-time con la formula «tempo parziale verticale ciclico» prevista dal ccnl, in base alla quale lavorano solamente per alcune settimane o mesi dell'anno, con orario pieno o ridotto. I lavoratori hanno contestato il fatto che l'Inps consideri, quali periodi contributivi utili ai fini dell'acquisizione del diritto alla pensione, esclusivamente i periodi lavorati (il requisito cosiddetto dell'anzianità contributiva: 20 anni per la pensione di vecchiaia; almeno 35 per quella di anzianità; almeno 5 anni nel sistema delle pensioni contributive).
La normativa italiana. In realtà la normativa italiana prevede regole specifiche, nel caso di impiego part-time, per il calcolo delle anzianità contributive. Le formule di part-time sono due: orizzontale e verticale (c'è una terza tipologia che è quella mista, cioè orizzontale e verticale). Nel primo caso, il lavoratore è sempre in attività ma a orario ridotto; nel secondo caso, il lavoratore è in attività solo per alcuni periodi a orario pieno (o altrettanto ridotto in caso di part-time misto). Nel primo caso (part-time orizzontale), l'Inps accredita per ogni anno di lavoro un anno di contribuzione; nel secondo caso (part-time verticale), l'Inps accredita solo i periodi effettivamente lavorati; per quelli non in attività, è data facoltà al lavoratore di riscattarli.
La sentenza. Secondo la Corte Ue, il criterio di determinazione dell'anzianità contributiva nel part-time verticale adottato dall'Inps è fonte di discriminazione. Viola, in altre parole, la clausola 4 della direttiva Ue n. 97/81. Infatti, mentre per un lavoratore a tempo pieno (o in part-time orizzontale) il periodo di tempo preso in considerazione per calcolare l'anzianità contributiva coincide con quello del rapporto di lavoro, per quello a tempo parziale verticale l'anzianità non viene conteggiata sulla stessa base, ma è calcolata sulla sola durata dei periodi effettivamente lavorati. In questo modo il lavoratore a tempo pieno beneficia per un periodo d'impiego di 12 mesi consecutivi di un anno di anzianità, mentre il lavoratore che abbia optato, secondo la formula del tempo parziale di tipo verticale ciclico, per una riduzione del 25% del suo orario di lavoro, avrà accreditata, per lo stesso periodo, un'anzianità pari al 75% di quella del collega che lavora a tempo pieno. Con la conseguenza che, sebbene i loro contratti di lavoro abbiano una durata equivalente, il lavoratore a tempo parziale matura l'anzianità contributiva utile ai fini della pensione con un ritmo più lento del lavoratore a tempo pieno. Si tratta quindi di una differenza di trattamento basata sul solo motivo del lavoro a tempo parziale. La Corte Ue, in conclusione, non contesta il «calcolo» della pensione, per il quale può validamente essere adoperata la regola del pro rata temporis in caso di lavoro a orario ridotto; ma l'applicazione della stessa regola nella determinazione della «data» (ossia anzianità contributiva) di acquisizione del diritto alla pensione.