
Zingales fa l'esempio eclatante della progettazione delle raffinerie dove, il ruolo del chimico dovrebbe essere cruciale ed invece in alcune legislazioni regionali è stato di fatto estromesso a vantaggio di altri professionisti. Così come nelle analisi chimico-cliniche e nella sicurezza sul lavoro dove alcune regioni, vedi la Toscana, hanno legiferato «dimenticandosi» dei chimici. Da qui il rilevante problema della identità professionale che l'ordine intende rilanciare. «È indubbio che se noi contiamo 10 mila iscritti, quando in Italia operano 30 mila chimici, vuol dire che molti non sentono la necessità di iscriversi proprio per la carenza di certe tutele. Ora l'iscrizione all'ordine può essere poco importante dal punto di vista giuridico, ma garantisce una maggiore indipendenza professionale nei vari rapporti di lavoro. Allora noi come ordine, e lo abbiamo ribadito proprio qui a Milano, dobbiamo impegnarci nella formazione continua e soprattutto garantire tutele e salvaguardia dei nostri ruoli in tutti quegli ambiti che la stessa legislazione ci riconosce. È il modo migliore per convincere molti chimici ad entrare nell'ordine».
Ma per far questo, proprio in virtù di una professionalità «trasversale», Zingales ritiene che occorra raccogliere anche un'altra sfida. «Dobbiamo operare affinché si giunga a una vera e propria specializzazione per i vari settori dove siamo chiamati a svolgere la nostra professione, esattamente come accade, per esempio, per le specializzazioni tra gli ingegneri». E il miglior risultato che può scaturire da questo congresso? Zingales non ha dubbi: «Vorrei che istituzioni e produttori (primi fra tutti la confagricoltura) fossero finalmente consapevoli che il chimico è un consulente di alta professionalità per molti ambiti, primo fra tutti quello della filiera agroalimentare».