
È quanto avvenuto nel caso sottoposto all'esame della sezione tributaria. L'amministrazione finanziaria aveva tentato una prima notifica presso il legale del contribuente che, però, risultava essersi trasferito. Dopo aver fatto una ricerca presso l'ordine degli avvocati di Pisa, dove non c'era traccia di tale trasferimento, l'Agenzia aveva chiesto «un termine perentorio per la rinotifica». Ma la sezione tributaria della Suprema corte ha ritenuto l'impugnazione inammissibile dal momento che, si legge nelle laconiche motivazioni, il fisco non aveva provveduto, entro l'anno, alla seconda notificazione. In particolare secondo gli Ermellini «la notifica presso il procuratore costituito o domiciliatario va effettuata nel domicilio da lui eletto nel giudizio, se esercente l'ufficio in un circondario diverso da quello di assegnazione, o, altrimenti, nel suo domicilio effettivo, previo riscontro, da parte del notificante, delle risultanze dell'albo professionale, dovendosi escludere che tale onere di verifica (attuabile anche per via informatica o telematica) arrechi un significativo pregiudizio temporale o impedisca di fruire, per l'intero, dei termini di impugnazione. Ove, peraltro, la notifica in detti luoghi abbia avuto ugualmente esito negativo per caso fortuito o forza maggiore, il procedimento notificatorio, ancora nella fase perfezionativa per il notificante, può essere riattivato e concluso, anche dopo il decorso dei relativi termini, mediante istanza al giudice ad quem». Tale istanza dev'essere inoltre corredata «dall'attestazione dell'omessa notifica, di fissazione di un termine perentorio per il completamento della notificazione ovvero, ove la tardiva notifica dell'atto di impugnazione possa comportare la nullità per il mancato rispetto dei termini di comparizione, per la rinnovazione dell'impugnazione ai sensi dell'art. 164 c.p.c.».