
Sul punto le motivazioni di Piazza Cavour sono laconiche e si limitano a bocciare la decisione della commissione tributaria regionale di Firenze impugnata dal contribuente perché aveva ritenuto legittimo il comportamento dell'amministrazione che gli aveva attribuito «un giro d'affari imprenditoriale senza motivare in alcun modo circa la gravità e precisione delle presunzioni poste a base dell'accertamento». «Nondimeno», hanno messo nero su bianco I giudici, «la decisione della Ctr sovverte quella di primo grado senza riferirne le ragioni e senza dar conto degli argomenti difensivi sviluppati dal contribuente, limitandosi ad osservare che pur gli avvisi di accertamento contenendo delle contraddizioni e alcuni aspetti non analiticamente esposti, nell'impianto fondamentale risultano motivati». Il Collegio di legittimità ha inoltre accolto il ricorso incidentale del fisco sul punto della sanzioni. Infatti queste devono essere determinate, spiegano i giudici del Palazzaccio, fra un range minimo e massimo ma non vanno commisurate all'entità dell'evasione. In proposito, scrive a un certo punto Piazza Cavour, «l'accertamento che l'attività imprenditoriale debba ritenersi quella di intermediazione piuttosto che di rivendita non è invero rilevante ai fini della determinazione dell'ammontare dell'Iva evasa, giacché, a prescindere dalla natura della attività esercitata, è detraibile dall'ammontare dell'imposta relativo alle operazioni effettuate - ai sensi dell'ultima parte del primo comma dell'art. 55 dpr 633/72 - soltanto l'importo dell'Iva assolta sugli acquisti risultante dalle dichiarazioni periodiche».