Quando il ritardo nella produzione del certificato definitivo attestante lo status di agricoltore diretto non è addebitabile all' amministrazione pubblica, ma all'inerzia del contribuente, le agevolazioni fiscali per l'acquisto della piccola proprietà contadina sono legittimamente revocate; inoltre, il termine di tre anni concessi all'ufficio per revocare l'agevolazione, decorrono dai tre anni concessi per la presentazione del certificato definitivo. Sono le conclusioni con cui la sezione ottava della Commissione tributaria regionale Puglia nella sentenza n. 3/08/2010 depositata in segreteria il 7 gennaio scorso, sposando la tesi dell'Amministrazione finanziaria, ha ribaltato completamente la decisione dei giudici provinciali di Bari e stabilito la legittimità della ripresa fiscale. In particolare, nel caso di specie il contribuente, coltivatore diretto, in forza delle agevolazioni concesse dall'articolo 1 della legge n. 604/54 per la formazione e l'acquisto della piccola proprietà contadina, aveva acquistato un terreno beneficiando del regime agevolato dell'imposta di registro; in seguito, lo stesso contribuente, non aveva provveduto, a norma del comma 2 dell'articolo 4 della stessa legge n. 304/54 a consegnare il certificato definitivo rilasciato dall'Ispettorato dell'agricoltura nel prescritto termine triennale, depositandolo solo a termine scaduto; questo, a parere dell'Agenzia delle entrate, ufficio di Bari 2, legittimava l'emissione di un avviso di liquidazione per la revoca delle agevolazioni. Le Entrate quindi, nei dovuti termini previsti dal terzo comma del citato articolo 4 della legge n. 604/54 (tre anni decorrenti dai tre anni dalla registrazione, concessi per la consegna del certificato definitivo) avevano provveduto a emettere l'avviso di liquidazione con cui recuperavano le maggiori imposte di registro. Il contribuente replicava tuttavia che, al momento del rogito possedeva i requisiti di imprenditore agricolo, per cui non era necessario osservare alcun termine, secondo quanto previsto anche dalla Corte di cassazione. Il ricorso del contribuente veniva accolto dalla Commissione provinciale di Bari, con una sentenza che veniva opposta in appello dall'Amministrazione finanziaria.
I giudici regionali hanno capovolto la decisione dei colleghi di prima istanza e hanno confermato pienamente la liquidazione erariale. La sezione tributaria della cassazione, nella sentenza n. 11152/2006 ha stabilito che anche lo stesso giudice tributario, autonomamente possa accertare lo status di agricoltore diretto; ma questo, solo quando la mancata produzione nei termini del certificato possa essere attribuita alle amministrazioni preposte. La Commissione ha invece rilevato che il certificato era stato regolarmente rilasciato nei termini dall'Ispettorato agrario; mentre, solo per inerzia imputabile al solo contribuente, era stato consegnato oltre i tre anni concessi dall'articolo 4, comma 2, della legge n. 604/54. Per cui osserva il collegio regionale concludendo «“in difetto” di tempestiva presentazione del certificato definitivo rilasciato dall'ispettorato agricolo per fatto attribuibile al solo contribuente, sono dovute le normali imposte».