L'evoluzione normativa. Era stato il decreto legge n. 223 del 2006 che, intervenendo sia ai fini delle imposte sui redditi che ai fini Iva, aveva modificato ad esempio l'articolo 39 del dpr n. 600 del 1973. Con l'intervento normativo si prevedeva come costituisse una presunzione semplice dotata dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, uno scostamento tra il valore normale di un immobile ed il prezzo indicato in atto. Tale presunzione, era stata appunto identificata come presunzione «semplicissima» e dunque con la necessità di ulteriori elementi a supporto per le transazioni che erano intervenute prima del 4 luglio 2006. Il riferimento al valore normale in materia di transazioni immobiliari è stato eliminato dalla legge n. 88 del 2009 aprendo anche un dibattito sull'applicabilità del metodo in questione in relazione al periodo nel corso del quale la norma è stata comunque vigente. La questione dell'applicazione del valore normale in sede di accertamento sulle transazioni immobiliari costituisce ancora vicenda all'attenzione dei giudici (si veda, da ultimo, quanto evidenziato dalla commissione tributaria provinciale di Vicenza come riportato da ItaliaOggi dello scorso 31 marzo).
La situazione attuale. Anche sulla base della giurisprudenza di merito che si va formando, deve essere osservato, in primo luogo, come sia probabilmente non corretto affermare che il valore normale di un immobile, diverso dal prezzo del bene situato in una certa zona ed identificate in modo correlate tipologie di transazioni similari, non possa essere in alcun modo utilizzato ai fini dell'accertamento. Si tratta, invece, di comprendere se tale elemento (cioè lo scostamento tra valore Omi e prezzo) possa essere comunque utilizzato supportandolo con ulteriori elementi tali da soddisfare una pretesa probatoria che possa superare il vaglio del giudice tributario. A tale questione, anche alla luce degli orientamenti che stanno emergendo, appare poter dare risposta positiva. Nel senso che laddove una transazione immobiliare venga effettuata a un prezzo estremamente ridotto rispetto al valore di mercato dell'immobile (magari comparativamente determinato) e abbinando tale elemento a un delta rappresentato da un mutuo superiore al prezzo stesso e ottenendo riscontro acquisendo documenti di natura finanziaria, la rettifica della stessa potrebbe soddisfare dei criteri probatori rilevanti. È noto, infatti, che un ulteriore tassello ai fini dell'accertamento può essere rappresentato dal fatto che un immobile formalmente ceduto a 100 trovi riscontro in un finanziamento erogato al soggetto acquirente di importo decisamente superiore che, se non giustificato da elementi strettamente riconducibili alla transazione (per esempio, il sostenimento di spese ulteriori anche riferite ad interventi di ristrutturazione del bene), potrebbe evidenziare il fatto che tra acquirente e venditore siano transitate delle somme sottratte a tassazione. Questa circostanza potrebbe essere rilevata magari procedendo all'acquisizione di dati di natura finanziaria considerato, ad esempio, che in sede di valutazione dell'immobile propedeutica alla erogazione di un mutuo da parte di un istituto di credito, vi sono riscontri documentali in capo all'istituto stesso. Un quadro così composto, dunque, potrebbe soddisfare tutti gli elementi portanti di un accertamento che, utilizzando il solo valore normale non potrebbe essere probabilmente effettuato a meno di produrre una dimostrazione in merito ad una palese antieconomicità della transazione effettuata. Se le vicende in questione interessano in primo luogo le transazioni che intervengono tra imprese e contribuenti privati, non si può scartare, in linea di principio, che la medesima linea di condotta potrebbe verificarsi in una transazione che interessa, invece, due soggetti privati. Questo soprattutto nel caso in cui vi sia una possibile coincidenza di interessi tra soggetto venditore (che magari sta cedendo un bene acquistato da meno di cinque anni e che dunque può generare una plusvalenza imponibile) e soggetto acquirente che potrebbe avere interesse ad applicare l'imposta di registro su una base che è quella del prezzo e non del valore del bene. Laddove si riuscisse a dimostrare che vi siano stati corrispettivi non dichiarati, questo meccanismo modificherebbe la posizione dei due soggetti in termini di imposizione diretta sul venditore e di imposta di registro sul soggetto acquirente.
