
Pertanto, l'Agenzia ha emesso gli accertamenti, impugnati in seguito dalla società immobiliare davanti alla commissione tributaria. Ma la Ctp di Vicenza ha affermato la correttezza dell'operato del fisco, ritenendo gli elementi di prova raccolti dall'ufficio «gravi, precisi e concordanti».
Nel merito, i giudici vicentini non hanno ritenuto congrue le memorie difensive presentate dalla società, ma soprattutto non hanno considerato attendibili le dichiarazioni espresse dagli acquirenti degli immobili. Infatti, «per evidenti motivi di reciproca convenienza», questi avevano tutto l'interesse a testimoniare che il prezzo indicato davanti al notaio fosse quello effettivamente pagato; infatti, l'Iva o alternativamente l'imposta di registro sull'acquisto di immobili è calcolata in misura proporzionale rispetto a tale valore. Appare evidente, dunque, come la rettifica del prezzo di vendita ai fini della contestazione di maggiori imposte e sanzioni nei confronti del venditore possa molto probabilmente comportare, in un secondo momento, anche l'accertamento dell'imposta evasa nei confronti dell'acquirente.
Inoltre, dalle sentenze emerge il carattere probatorio del valore normale degli immobili ai fini dell'accertamento, utilizzato applicando l'articolo 35, comma 3, del dl n. 223/2006, che aveva modificato l'articolo 39, comma 1, lettera d) del dpr n. 600/1973.