
Volete cambiare operatore di telefonia o disdire il vostro abbonamento alla pay tv? Attenzione, perché potrebbe costarvi molto caro. Se, in linea teorica, le penali di recesso – fatti salvi casi specifici stipulati dai contratti – sono state del tutto abolite nel 2007 con la Legge Bersani, in realtà queste continuano a esistere, anche se con un nome diverso.
L’allora ministro stabilì la possibilità di passare da un abbonamento all’altro, o di disdire il proprio contratto con una pay tv, dovendo unicamente sostenere i costi tecnici del passaggio, senza dover versare nessuna penale per il cambio. Inoltre, il recente ddl concorrenza aveva chiarito che gli operatori dovevano comunicare, al momento della stipula del contratto, le spese di recesso, che devono essere “eque e proporzionate”.
In realtà, le penali sono “rientrate dalla finestra” sotto forma di costi di disattivazione, che vanno dai 40 euro per gli operatori telefonici fino a 100 euro per le pay tv. Queste clausole sono inserite nei contratti, senza però specificare a che cosa facciano riferimento le cifre richieste. Ci si può difendere? Sicuramente sì. Nel caso venga addebitato in fattura un costo di disattivazione, l’utente può rivolgersi a qualche associazione di tutela dei consumatori per capire se l’importo è proporzionato o meno. Qualora si riscontrino irregolarità, il cliente può rivolgersi al Corecom (Comitato Regionale per le Comunicazioni) chiedendo l’annullamento del costo aggiuntivo. La richiesta di conciliazione è gratuita e l’operatore può decidere se arrivare davanti al Corecom o se risolvere la controversia anticipatamente.