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Una previdenza più equa

del 27/03/2010
di: di Pamela Giufrè
Una previdenza più equa
«C'è sempre più disparità di trattamento all'interno della Gestione separata Inps tra i professionisti senz'albo che non sono iscritti ad altre casse di previdenza e i lavoratori parasubordinati». A dichiararlo è Roberto Falcone, presidente nazionale della Lapet commentando il testo unificato delle proposte di legge 2100 (Damiano), 2157 (Miglioli), 2158 (Miglioli), 2452 (Bellanova), 2890 (Letta), 3102 (Donadi), dal titolo «Misure straordinarie per il sostegno del reddito e per la tutela di determinate categorie di lavoratori». Il provvedimento è stato elaborato dal comitato ristretto costituto in seno alla Commissione lavoro della Camera dei deputati, e da quest'ultima adottato come testo base nella seduta del 4 marzo scorso. Per il presidente dell'associazione nazionale dei tributaristi si tratta sicuramente di «previsioni importanti per contrastare la crisi economica che ha decisamente contribuito ad indebolire le fasce di lavoratori più vulnerabili a causa della mancanza di risorse finanziarie da parte delle imprese. Sempre più aziende», prosegue infatti Falcone, «non sono in grado di mantenere gli stessi livelli occupazionali e salariali della fase precedente alla crisi. O, perlomeno, non lo saranno più nel prossimo futuro». Per questo il presidente ritiene importante stabilire misure a sostegno dei lavoratori sostenendo con convinzione l'estensione dell'articolo 2116 del codice civile, finora riservato solo ai dipendenti, anche ai collaboratori iscritti in via esclusiva alla gestione separata Inps, purché versino in regime di monocommittenza e non siano titolari dell'obbligazione contributiva. «La consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale chiarisce infatti l'importanza dell'articolo 2116», dichiara il presidente della Lapet, «in quanto lo stesso costituisce una fondamentale garanzia per il lavoratore assicurato, intesa a non far ricadere su di lui il rischio di eventuali inadempienze del datore di lavoro in ordine agli obblighi contributivi. Per questo è bene allargare la platea dei destinatari attraverso il ddl per il sostegno al reddito». Ma, proprio questa previsione, mirata ad agevolare solo «determinate categorie di lavoratori», come specificato nel titolo del provvedimento, di fatto accentua il divario sempre più netto tra lavoratori autonomi e co.co.pro.È infatti arcinota la battaglia che la Lapet sta portando avanti per una previdenza più equa, e sono state più volte elencate anche le vane richieste al governo di abbassare le aliquote contributive a carico dei professionisti senz'albo, aumentate ulteriormente da gennaio di quest'anno. Vale la pena ricordare che l'ulteriore innalzamento delle percentuali, passato dal già oneroso 25,72 per cento del 2009 al 26,72 per cento, è scaturito dalla volontà di scoraggiare e disincentivare le false collaborazioni, dietro le quali si celano veri e propri contratti di lavoro dipendente, senza alternativa di scelta per gli stessi occupati, costretti ad accettare queste condizioni pur di non perdere il lavoro. L'intenzione del governo è dunque quella di tutelarli.

«Ma inevitabilmente», stigmatizza il presidente della Lapet, «l'aumento delle aliquote contributive si ripercuote negativamente sui professionisti non regolamentati che appartengono allo stesso fondo previdenziale dei parasubordinati. Sono infatti ogni giorno più dannose le conseguenze per i senz'albo, che versano per intero e a loro carico i contributi previdenziali».

Di qui la richiesta della Lapet, formalizzata nella proposta di legge elaborata dal centro studi di Assoprofessioni, unitamente all'ufficio legislativo di Cna, di istituire una gestione previdenziale ad hoc per i professionisti non regolamentati.

«Ne abbiamo discusso diverse volte con i rappresentanti del governo», spiega il presidente della Lapet, «ma la solita puntuale e ripetitiva risposta che tutti ci danno è che non c'è copertura finanziaria. Eppure per i collaboratori a progetto i fondi necessari si sono trovati. Almeno sulla carta».

Nello specifico, Falcone si riferisce all'articolo 2 del ddl a sostegno del reddito e per la tutela di determinate categorie di lavoratori, nel quale sono appunto previste le suddette misure in favore dei collaboratori in regime di monocommittenza. Misure, è opportuno ribadirlo, più che legittime e condivisibili per la Lapet, che pure le ha inserite nella proposta di legge Assoprofessioni-Cna. Eppure i tributaristi si sentono discriminati. A dire il vero, la Lapet non entra nel merito della previsione a favore di questi collaboratori, qualora iscritti in via esclusiva alla Gestione separata Inps (esclusi immancabilmente i lavoratori autonomi), dell'erogazione di una somma liquidata in un'unica soluzione, pari al 30% del reddito percepito l'anno precedente e comunque non superiore a 4 mila euro. Quello che invece scatena l'obiezione dell'associazione è l'emendamento che, attraverso un'interpretazione autentica dell'articolo 2116 del codice civile, in base al quale le prestazioni previdenziali ed assistenziali sono dovute al prestatore di lavoro, anche quando l'imprenditore non abbia versato regolarmente i contributi dovuti, salvo diverse disposizioni delle leggi speciali, estende le stesse coperture anche ai collaboratori con i suddetti requisiti.

«Queste previsioni», sostiene Roberto Falcone, «sono giuste e ci trovano d'accordo, ma non saranno a costo zero per il fondo previdenziale. Eppure, in questo caso nessuno ha sollevato problemi di cassa, nonostante la cifra che sicuramente sarà impegnata nel caso specifico supererà di gran lunga i 50 milioni di euro necessari per consentire la riduzione delle aliquote contributive a carico dei senz'albo».

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