
Tornando alla situazione prospettata in apertura, occorre rammentare che, in caso di indebita applicazione dell'Iva, per esempio su un'operazione che è invece esente, ove il fornitore non abbia attivato (e non possa più attivare, per decorso del termine di un anno dall'effettuazione dell'operazione) il meccanismo correttivo della nota di variazione in diminuzione, il cliente può esercitare nei suoi confronti l'azione civile di ripetizione d'indebito, eventualmente anche a seguito della contestazione di indebita detrazione ricevuta dal fisco, entro l'ordinario termine di prescrizione decennale. Il fornitore, a sua volta, può chiedere il rimborso dell'imposta al fisco, attraverso apposita istanza, entro il termine biennale di decadenza dell'art. 21, dlgs n. 546/92, che prassi e giurisprudenza ritengono applicabile alla fattispecie, in assenza di specifiche disposizioni nella legge dell'Iva.
Se dunque il cliente dovesse attivarsi dopo il decorso del suddetto termine biennale, il fornitore potrebbe dover restituire l'imposta alla controparte senza poterla recuperare dal fisco e rimanere, quindi, inciso del tributo. La causa di un esito così stridente con i principi dell'imposta è la differente disciplina dei termini procedurali dell'ordinamento interno, la quale, secondo la corte di giustizia, non contrasta, di per sé, con il principio di effettività (sentenza 15/12/2011, C-427/10).
Se le cose stanno in questi termini, il diritto di rivalsa dell'Iva accertata, esercitabile alle condizioni previste dal settimo comma dell'art. 60 in relazione agli accertamenti divenuti definitivi dal 24/1/2012, offre al fornitore che nutra dubbi sull'imponibilità o meno dell'operazione, un elemento di valutazione circa la scelta più opportuna, che paradossalmente potrebbe rivelarsi quella di non applicare il tributo, nella prospettiva di rivalersi sulla controparte (se solvibile) in caso di eventuale accertamento, rispetto alla scelta «prudenziale» di applicare l'imposta che, per quanto detto, potrebbe restare a suo carico e rappresentare un onere più gravoso rispetto alle sanzioni conseguenti alla prima scelta, che sono comunque definibili in via agevolata (e potrebbero addirittura essere dichiarate non dovute ove si riconoscesse l'obiettiva incertezza). Oltretutto, qualora l'ufficio ritenesse imponibili operazioni erroneamente fatturate come esenti, il contribuente potrebbe beneficiare, in sede di accertamento, anche di un maggior pro rata di detrazione.