
Il comparto delle attività intellettuali si trova oggi di fronte a un cambiamento culturale ed economico senza precedenti. Se l'esigenza primaria del contenimento della spesa pubblica ha innescato sul piano politico e sociale il passaggio dall'assistenzialismo a forme di welfare sociale, che chiamano direttamente in causa i datori di lavoro, i nuovi paradigmi dell'economia stanno modificando, a velocità siderali, i connotati operativi di uno studio. L'apertura di nuovi mercati, la pressione della concorrenza, alimentata anche da una richiesta di servizi professionali a basso costo, la stratificazione dei profili professionali impongono una prestazione di qualità, che va al di là della targa di ottone sulla porta. E coinvolge tutta la struttura dello studio. Ora, da un lato, si tratta di «inventare» un nuovo modo di interpretare la professione, per guidare quei sintomi evolutivi destinati a conquistare le attività professionali di domani; dall'altro, di creare una nuova «governance», per codificare quelle mutazioni genetiche che, soprattutto nel mercato del lavoro, stanno cambiando il tessuto connettivo degli studi professionali. Sono convergenze parallele che, incardinate nel decentramento delle funzioni e delle risorse dello Stato, confluiscono inesorabilmente in una delle poche leve competitive a disposizione oggi dei professionisti: la bilateralità. Nel settore delle attività intellettuali, gli enti bilaterali sono una scoperta relativamente recente e, quindi, ancora poco affermata. Tuttavia, la loro azione nell'ambito della formazione, dell'assistenza sanitaria integrativa e della previdenza complementare ha permesso, al di là del positivo riscontro statistico, di colmare un gap contrattuale che altrimenti sarebbe andato perduto, rendendo ancora più opaca l'immagine del professionista. In tempi di recessione, poi, gli enti bilaterali si sono dimostrati un valido strumento di sostegno anche negli oltre 3 mila studi professionali, che finora hanno usufruito degli ammortizzatori sociali in deroga, rendendo meno doloroso lo schiaffo della crisi all'occupazione. Eppure, la bilateralità deve ancora dispiegare tutte le sue potenzialità. In uno scenario che tende verso un'estensione più universale delle tutele sociali e contrattuali, comprendendo pure ampi segmenti del lavoro autonomo e parasubordinato, gli enti bilaterali, attraverso la contrattazione collettiva, diventano il crocevia obbligato per soddisfare la domanda di nuovi fabbisogni che premono dal basso e che sfociano sul mercato.