
È questo quanto ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza 27484 che è stata depositata ieri.
Per i giudici di legittimità, che hanno richiamato alcuni precedenti sulla revoca dei benefici per l'acquisto della prima casa, il termine di decadenza triennale decorre «dal giorno in cui il proposito del contribuente sia rimasto ineseguito o sia divenuto ineseguibile».
È stata quindi ritenuta infondata la sentenza d'appello, secondo la quale il contribuente avrebbe dovuto comunicare all'Agenzia delle entrate nel momento in cui ha rivenduto il terreno il mancato avveramento della condizione posto dalla norma di legge (articolo 19 dpr 131/1986), in modo da consentire all'ufficio di liquidare le maggiori imposte dovute entro il termine di decadenza di 3 anni.
E in assenza di questa denuncia, il fisco era legittimato a recuperare la maggiore imposta evasa nel termine più ampio di 5 anni, decorrente dal giorno in cui avrebbe dovuto presentarla.
Secondo la Cassazione, invece, così come già stabilito per i benefici fiscali concessi per l'acquisto della prima casa, se un contribuente decade dal trattamento agevolato perché si verificano dei fatti che fanno venir meno il diritto a fruirne, non trovano applicazione gli articoli 18 dpr 634/1972 e 19 dpr 131/1986, che impongono l'obbligo ai contraenti di comunicare all'ufficio tributario gli eventi dai quali può scaturire un'ulteriore liquidazione dell'imposta.
In realtà, la mancata utilizzazione di un bene non comporta una sopravvenuta decadenza dalle agevolazioni fiscali e il termine triennale per l'accertamento non può essere ancorato alla presentazione o meno della denuncia o alla sua tardività. Dunque se è stata omessa o è tardiva, il termine triennale per l'accertamento rimane invariato.
©Riproduzione riservata