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Carni, agricoltori in gara sull'origine più stringente

del 07/12/2013
di: di Angelo Di Mambro
Carni, agricoltori in gara sull'origine più stringente
La decisione Ue sull'etichettatura di origine delle carni è «un dato positivo», ma è solo «un primo passo», e la «battaglia di Natale» continuerà. È quanto si legge in una nota di Coldiretti, che da giorni protesta, prima alla frontiera del Brennero poi a Roma, per avere in etichetta il luogo di provenienza dei prodotti alimentari. Come riportato da ItaliaOggi l'Ue, in esecuzione del regolamento 1169/2011, ha dato il via libera all'indicazione di origine obbligatoria in etichetta per le carni suine, ovicaprine e pollame a partire dal 1° aprile 2015. Secondo Coldiretti l'iniziativa «è da completare necessariamente con l'indicazione obbligatoria dell'origine per quanto riguarda tutti i prodotti trasformati». La mobilitazione continuerà l'11 dicembre con l'arrivo a Roma dei giovani agricoltori e allevatori presso la sede dell'organizzazione agricola.

«Estrema soddisfazione» per la decisione di Bruxelles ha espresso il ministro delle politiche agricole Nunzia De Girolamo. «Si tratta di un risultato a lungo cercato dall'Italia», ricorda il ministro che ha sottolineato come siano state recepite «talune nostre osservazioni sull'allungamento del periodo minimo di allevamento per l'indicazione del Paese di origine.

«Ciò», ha concluso De Girolamo, «rappresenta una favorevole opportunità per i nostri operatori del settore».

Di tutt'altro avviso Agrinsieme. Il coordinamento cui aderiscono Cia, Confagricoltura e Alleanza delle Cooperative Agroalimentari attacca il meccanismo per indicare l'origine delle carni approvato a Bruxelles. Perché «in particolare per quanto riguarda i suini» si legge in un comunicato stampa diffuso ieri sera, esso «non tutela pienamente il consumatore in fatto di chiarezza, è complesso e, anche per questi motivi, contrasta con gli interessi degli allevatori italiani». «Sarà possibile ad esempio ''nazionalizzare'' la produzione suinicola estera allevata solo per 120 giorni in Italia» mentre le organizzazioni agricole avevano chiesto «che l'origine fosse assegnata in corrispondenza di almeno sei mesi di allevamento, non solo i quattro previsti dal regolamento».

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