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Debiti in revocatoria

del 20/03/2010
di: di Debora Alberici
Debiti in revocatoria
Cade in revocatoria il pagamento dei debiti dei soci fatto dalla società fallita al solo scopo di ripianare i rapporti con i manager. Più in generale sono inefficaci per legge i pagamenti posti in essere dal soggetto fallito in favore di un terzo e che non hanno avuto un vantaggio patrimoniale. Lo hanno stabilito le s.u. civili della Cassazione che, con la sentenza n. 6538 del 18 marzo 2010, hanno risolto un contrasto di giurisprudenza affermando che «in tema di revocatoria fallimentare di atti a titolo gratuito, ai sensi dell'art. 64 legge fall., la valutazione di gratuità od onerosità di un negozio va compiuta con esclusivo riguardo alla causa concreta, costituita dallo scopo pratico del negozio, e cioè dalla sintesi degli interessi che lo stesso è concretamente diretto a realizzare quale funzione individuale della singola e specifica negoziazione, al di là del modello astratto utilizzato; per cui la relativa classificazione non può più fondarsi sulla esistenza o meno di un rapporto sinallagmatico e corrispettivo tra le prestazioni sul piano tipico ed astratto, ma dipende necessariamente dall'apprezzamento dell'interesse sotteso all'intera operazione da parte del solvens, quale emerge dall'entità dell'attribuzione, dalla durata del rapporto, dalla qualità dei soggetti e soprattutto dalla prospettiva di subire un depauperamento collegato o non collegato ad un sia pur indiretto guadagno o ad un risparmio di spesa». Pertanto, nell'ipotesi di estinzione da parte del terzo (in questo caso la società poi fallita, «di un'obbligazione preesistente cui egli sia estraneo, l'atto solutorio può dirsi gratuito, agli effetti dell'art. 64 legge fall., solo quando dall'operazione che esso conclude, sia essa a struttura semplice perché esaurita in un unico atto, sia a struttura complessa, in quanto si componga di un collegamento di atti e di negozi, il terzo non ne trae nessun concreto vantaggio patrimoniale ed egli abbia inteso recare un vantaggio al debitore». Mentre la ragione deve considerarsi «onerosa» tutte le volte che il terzo riceva un vantaggio per questa sua prestazione dal debitore, dal creditore o anche da altri, così da recuperare anche indirettamente la prestazione adempiuta ed elidere quel pregiudizio, «cui l'ordinamento pone rimedio con l'inefficacia ex lege». Il caso riguarda una società fallita che aveva pagato al Monte dei Paschi i debiti dei suoi soci, oltre 1 milione di euro. La curatela aveva chiesto l'annullamento del pagamento e, il Tribunale di Lamezia Terme aveva accolto l'istanza. La Corte d'Appello aveva poi confermato questo capo della decisione. A questo punto l'istituto di credito ha fatto ricorso in Cassazione ma senza successo. Le Sezioni unite del Palazzaccio dopo aver risolto questo contrasto di giurisprudenza lo hanno respinto rendendo definitiva la decisione di secondo grado di rendere inefficace il pagamento. Anche la Procura generale della Suprema corte aveva chiesto in udienza, al termine della sua requisitoria, che fossero respinti i ricorsi (quello principale della banca e quello incidentale della curatela).

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