In cosa consistono questi schemi di pianificazione fiscale? Si tratta in sostanza di pagare meno tasse, o addirittura non pagarle affatto creando fantascientifiche galassie societarie sparse per il mondo al fine di sfruttare a proprio vantaggio i contrasti e i disallineamenti tra le normative fiscali dei vari paesi coinvolti. Il fenomeno è in preoccupante crescita tanto da indurre la Commissione d'inchiesta del senato americano a svolgere indagini: a settembre 2012 sono finite sotto torchio Microsoft e Hewlett-Packard, a maggio di quest'anno è toccato ad Apple. Oggi sotto la lente è finita Google, un altro grande colosso americano della tecnologia.
La strategia di Google è curiosa, quanto meno per il suo nome: «Double Irish/Dutch Sandwich» (Doppia Irlandese e Sandwich Olandese). In estrema sintesi e semplificando notevolmente: la società americana Google Inc. crea una società controllata in Irlanda, Google Ireland Holdings. Quest'ultima, pur essendo costituita in Irlanda, non è ivi residente perché amministrata alle isole Bermuda, noto paradiso fiscale. Google Ireland Holdings controlla a sua volta una società olandese, Google Netherlands BV che, a sua volta, controlla una società irlandese residente, Google Ireland Ltd.
Gli estremi dello schema sono quindi le due società costituite in Irlanda (seppure solo una è ivi residente) mentre nel mezzo c'è la società olandese: in altre parole, le società irlandesi sono le fette di pane del sandwich mentre la società olandese è la farcitura, da qui il nome «Doppia Irlandese/Sandwich Olandese».
Google Ireland Holdings ha la titolarità della proprietà intellettuale di Google per le vendite realizzate in Europa, Medio Oriente e Africa; lo sfruttamento di tale patrimonio è concesso in licenza a Google Netherlands BV che, a sua volta, lo concede in sub-licenza a Google Ireland Ltd.
Quest'ultima paga royalties alla società olandese che poi le riversa, praticamente per lo stesso importo, a Google Ireland Holdings. Il risultato di questo vorticoso flusso di denaro? Dieci miliardi di euro finiscono nei conti di Google alle Bermuda pagando, circa, il 5% di tasse.
Com'è possibile? Google Ireland Ltd riceve enormi ricavi dalle vendite effettuate nelle zone di competenza su cui dovrebbe pagare il 12,5% di tasse in Irlanda ma, da tali ricavi, si deduce ingenti costi (i pagamenti delle royalties effettuati a Google Netherlands), diminuendo notevolmente la base imponibile. I pagamenti da Google Ireland Ltd a Google Netherlands non sono poi soggetti a ritenuta alla fonte in Irlanda in quanto avvengono tra società residenti all'interno dell'Unione europea. Neppure le royalties pagate dalla società olandese a Google Ireland Holdings sono soggetti a ritenuta in Olanda (la legge olandese non prevede infatti alcuna ritenuta sulle royalties in uscita dallo stato). Infine, le royalties percepite da Google Ireland Holdings non sono tassate in Irlanda poiché, come detto, tale società è considerata residente delle Bermuda dove non si pagano tasse.
Et voilà, il pranzo è servito, ma il conto non si paga: solo pochi spiccioli di mancia finiscono in tasca alle amministrazioni fiscali-camerieri che restano a guardare. Dopo tanto clamore mediatico per le inchieste svolte, il senato americano non sembra tuttavia ritenere che le multinazionali abbiano violato alcuna norma e si è limitato a invocare solo una riforma del sistema fiscale per il futuro.
L'Ocse, dal canto suo, ha messo in piedi un piano, a luglio 2013, per attaccare le pianificazioni fiscali aggressive, tanto da far parlare addirittura di guerra alla pianificazione fiscale.
È un primo passo; tuttavia, fino a che gli stati non interverranno direttamente e in maniera coordinata, il problema non potrà essere arginato e neppure si potrà dire che la guerra alla pianificazione fiscale aggressiva sia cominciata.