Nessuno tocchi la riforma Fornero: le proposte (parlamentari) per rendere «flessibile» il pensionamento, infatti, non solo sono «incompatibili» con l'idea del governo di ridurre il costo del lavoro, ma amplierebbero in modo insostenibile per le casse dello stato le prestazioni da erogare nel 2014. Confermato lo stop alla rivalutazione, nel prossimo anno, degli assegni di importo più alto di sei volte il minimo (circa 3 mila euro), mentre nell'imminente legge di stabilità saranno inserite nuove misure per favorire l'occupazione. Enrico Giovannini, ministro del welfare, affronta i capitoli più delicati del sistema previdenziale mettendo in risalto, nel corso dell'audizione di ieri mattina in commissione lavoro a Montecitorio, sia luci, sia ombre della legge 214/2011 grazie alla quale, dichiara, «si risparmieranno, soltanto per la parte dell'inasprimento delle regole per l'accesso alla pensione, 93 miliardi fino al 2021». Per tutelare, invece, gli esodati (ex dipendenti senza stipendio, né assegno, per aver aderito ad accordi aziendali per abbandonare il posto, prima che entrasse in vigore la disciplina), sono stati stanziati 10,4 miliardi, però se adesso «la bolla è in gran parte coperta ed esaurita dalle varie salvaguardie», l'attenzione va convogliata su chi ha perso l'impiego dopo il 2011. E continua a restare disoccupato. Ecco, dunque, l'urgenza di promuovere rapidamente altre iniziative per invertire la tendenza, che «naturalmente ci saranno, in parte nella legge di stabilità, in parte in un possibile collegato lavoro. Oppure, in un altro strumento normativo».
Quel che è certo è che l'esecutivo, ribadisce il titolare di via Veneto, intende mantenere il congelamento della perequazione per i redditi da pensione superiori a sei volte il minimo, mentre la rivalutazione sarà, invece, piena fino a tre volte il minimo, al 90% fra tre e cinque, e pari al 75% fra cinque e sei volte. Il risparmio generabile da tale operazione che, ammette, sarà limitato, considerato il basso numero di prestazioni elevate, «potrebbe essere utilizzato in un'ottica di solidarietà»; più complicato, lascia intendere Giovannini, incidere sulle cosiddette «pensioni d'oro» (che oltrepassano i 20 mila euro mensili), poiché la Consulta «è stata estremamente chiara», quando con la sentenza n. 116/2013 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del contributo di solidarietà imposto, perché in violazione del principio di uguaglianza e di capacità contributiva.
All'orizzonte, prosegue dinanzi ai deputati dell'XI commissione, non può esserci alcuna «controriforma» rispetto al testo Fornero, giacché le iniziative legislative depositate in parlamento al fine di «ammorbidire» il pensionamento accrescerebbero (e di molto) il numero delle prestazioni, «determinando un onere di diversi miliardi di euro all'anno». Necessario, invece, chiude, studiare «meccanismi di accumulo dei contributi in tutta la vita lavorativa più flessibili possibile», per permettere alle persone di aumentare il montante, specie a chi è entrato tardi nel mercato e porta avanti una carriera discontinua.
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