
Nelle motivazioni i Supremi giudici sembrano dare «un colpo al cerchio e una alla botte». Da una parte, infatti, confermano la legittimità dell'acquisizione delle dichiarazioni dei terzi e dall'altra, invece, ne escludono l'influenza sull'accertamento nel caso in cui risultino troppo generiche e circostanziate, com'è avvenuto in questo caso. Sul punto, in sentenza, i supremi giudici spiegano come «in tema di contenzioso tributario, anche al contribuente oltre che all'amministrazione finanziaria, deve essere riconosciuta, in attuazione dei principi del giusto processo e della parità delle parti di cui al nuovo testo dell'art. 111 Costituzione, la possibilità di introdurre, nel giudizio dinanzi alle commissioni tributarie, dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale. È il caso, appunto, delle dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà, le quali hanno valore probatorio proprio per gli elementi indiziari e, come tali, devono essere valutate dal giudice nel contesto probatorio emergente dagli atti».
La Corte, però va anche oltre. Precisa, infatti, che «i ripetuti eventuali elementi di prova contraria valgono come presunzioni semplici e devono, quindi, essere comunque sottoposte a un'attenta verifica da parte del giudice, il quale è tenuto a individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio, purché grave, preciso e concordante, ai movimenti bancari contestati.
La vicenda riguarda un piccolo imprenditore che, dopo una verifica della Guardia di finanza sui conti bancari, aveva ricevuto un accertamento fiscale contenente la contestazione di reddito d'impresa non dichiarato, in relazione a un'attività di intermediazione finanziaria abusiva. L'uomo aveva impugnato l'atto impositivo ottenendo un annullamento da parte dei giudici di merito. A questo punto l'amministrazione finanziaria ha presentato ricorso in Cassazione lamentando il fatto che la Ctr avesse emesso un verdetto a favore del contribuente in quanto aveva ritenuto sufficienti a sconfessare le presunzioni di reddito sul conto corrente bancario, alcune dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà, rilasciate da terzi.
La Cassazione ha, in parte, ribaltato il verdetto precisando che «tali dichiarazioni, pur essendo acquisibili, non possono far cadere l'accertamento se troppo generiche».
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