
Domanda. L'Italia continua a vivere una situazione economica e politica instabile. C'è chi parla di ripresa, ma nel frattempo le imprese soffrono e la disoccupazione tra gli under 35 cresce. Cosa indica il «termometro» dei commercialisti sul territorio?
Risposta. La febbre è indubbiamente alta anche nel mondo delle professioni, specialmente per la nostra, che vede come clienti le imprese. Rimane il fatto che in tutte queste difficoltà, anche economiche, siamo fieri di essere a fianco degli imprenditori. Siamo impegnati per difendere la deindustrializzazione dei nostri territori, non solo per tutelare il nostro lavoro, ma anche per preservare l'intera società da un declino che sarà inevitabile se ci arrendessimo convincendoci che non vi siano soluzioni.
D. A un anno dall'introduzione del concordato in bianco il legislatore è dovuto correre ai ripari per mettere un freno agli abusi. Quale il vostro giudizio dopo le recenti modifiche del decreto Fare?
R. Ogni norma che introduce elementi di privatizzazione e liberalizzazione porta con sé alcuni rischi. Non bisogna mai dimenticare però il passato e le ragioni che hanno condotto a queste scelte: 60 anni di legge fallimentare precedente avevano forse condotto a risultati migliori? Centinaia di fallimenti con risultati insignificanti per i creditori e imprese che chiudevano i battenti senza alcuna speranza. Certamente si possono prendere ancora altri provvedimenti, ma ciò che più conta è la necessità di preoccuparsi tutti di far funzionare le norme che già ci sono. Professionisti, imprenditori, banche, tribunali. Dobbiamo avere la pazienza di imparare, anche dagli errori. Mi rifiuto di aderire alla corrente che per limitare alcuni furbi vuole tarpare le ali alla buona volontà di molti.
D. In questo periodo di crisi strutturale di liquidità e di credit crunch come si sta evolvendo il ruolo del commercialista come trait d'union tra banche e imprese?
R. Tessere le reti è un lavoro complesso e faticoso. Non può essere frutto di improvvisazione, né opera di praticoni, ma è il risultato di un paziente percorso in cui il professionista deve essere un punto di riferimento in termini di conoscenza e ricerca di soluzioni utili per tutti. Soltanto in questo modo è possibile ribaltare l'approccio pregiudizialmente sospettoso che le banche hanno nell'istruire pratiche, traducendo tale atteggiamento in fiducia reciproca e in comportamenti collaborativi. È questa l' unica strada per favorire le migliori soluzioni sia per le imprese clienti sia per gli istituti finanziatori.
D. La formazione del nuovo registro dei revisori da semplice formalità per molti commercialisti è diventato un adempimento da incubo. La solita burocrazia?
R. Sì. Le informazioni che vengono richieste poi sono in prevalenza già reperibili presso il registro delle imprese. Le risorse così sprecate potevano piuttosto essere investite in un'azione complessiva di ricognizione, finalizzata a un censimento di tutte quelle società obbligate ad avere un collegio sindacale che invece non hanno provveduto a nominarlo o a rinnovarlo alla sua scadenza. Mancati controlli con tutte le conseguenze che si ripercuotono sull'intero sistema economico.
D. Capitolo fisco. I propositi di semplificazione non mancano, ma tra esigenza di gettito ed equilibrismi politici la legislazione fiscale è sempre più complessa e a breve termine (aumento Iva, Imu, Tares/Service tax), talvolta con modifiche retroattive (taglio detraibilità polizze vita). Ripristinare una situazione di equilibrio e fiducia è possibile o è un'utopia?
R. Finché la pressione fiscale rimarrà a questi livelli, ormai oltre ogni tollerabilità, non ci sono speranze. Fin quando la funzione dell'Agenzia delle entrate non sarà quella di garantire un fisco moderno, efficiente ed equo, invece di essere ridotta a un'idrovora di risorse finanziarie per soddisfare la famelica necessità di finanziare una spesa pubblica fuori controllo, non vi sono spazi per alimentare la fiducia reciproca. Senza giustizia non ci può essere fiducia.
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