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Le srl agricole restano a secco

del 17/03/2010
di: Benito Fuoco
Le srl agricole restano a secco
In assenza di norme attuative, le disposizioni dei regolamenti comunitari non producono effetti nell'ordinamento nazionale; di conseguenza, prima del 2001, le società di capitali che svolgevano di fatto attività agricola, non potranno ottenere il riconoscimento dello status di imprenditore agricolo a titolo principale e quindi ottenere l'esenzione Ici sui terreni inseriti negli strumenti urbanistici utilizzati ai fini rurali. Sono le conclusioni che si leggono nella sentenza della sezione tributaria della cassazione n. 5931/2010 depositata in cancelleria l'11 marzo scorso. La vertenza riguarda un Ici richiesta da un comune della provincia di Novara, Varallo Pombia, a una società a responsabilità limitata esercente azienda agricola ed agrituristica. La società ricorrente, sia pure una persona giuridica, riteneva di avere diritto alla qualificazione di imprenditore agricolo anche in seguito all'intervento della Corte di giustizia Ce. Infatti, sosteneva la ricorrente, l'articolo 2 n. 5 del regolamento Cee n. 797/85, relativo al miglioramento delle strutture agrarie nella misura in cui conferisce agli stati membri il compito di definire la nozione di imprenditore agricolo a titolo principale, non consente di escludere da questa nozione, le società di capitali per il solo motivo della forma giuridica; la stessa società precisava poi, che il terreno di cui chiedeva l'esenzione Ici, sia pure inserito nei piani urbanistici del comune, era sito in territorio montano, per cui persisteva l'utilizzazione agricola da parte della società che, a norma dell'articolo 2, primo comma lettera b) del dlgs n. 504/1992, aveva diritto all'esclusione dal tributo. La Commissione regionale del Piemonte accoglieva l'appello della società condividendo per intero le motivazioni della ricorrente. La Cassazione ha completamente ribaltato la decisione dei giudici di secondo grado e stabilito la piena debenza del tributo. La società, osserva il collegio supremo, richiede le agevolazioni previste dall'articolo 9 del dlgs n. 504/1992 che si applicano esclusivamente agli imprenditori agricoli individuali e non anche alle società di capitali che svolgono attività agricola, così come previsto dall'articolo 12 della legge n. 153/1975, prima delle modifiche intervenute con il dlgs n. 228/2001 (Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell'articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 137/2001) vigente «ratione temporis». «Queste misure attuative possono in effetti solo riscontrarsi nel dlgs n. 228/2001, di portata non retroattiva, che richiede, comunque, la presenza di particolari requisiti in capo alla società». Si tratta in sostanza, spiegano i giudici di piazza Cavour, dell'applicazione del principio della così detta efficacia verticale degli obblighi comunitari, che hanno efficacia diretta nell'ordinamento dello stato membro sempre che siano dettati da norme incondizionate e sufficientemente precise (Cassazione n. 19771/09; 23937/2006), mentre, la sola previsione di norme attuative non tempestivamente adottate dallo stato membro, impedisce al privato di chiedere al giudice nazionale la loro immediata applicazione. Anche il secondo motivo di ricorso del comune, aggiungono gli ermellini, appare fondato. Infatti, conclude il collegio, l'edificabilità di un'area va ritenuta per il solo inserimento negli strumenti urbanistici «perché l'esenzione Ici prevista dall'articolo 7, comma 1 lettera h) del dlgs n. 504/1992 riguarda solo «i terreni agricoli in aree montane o di collina» e non i terreni edificabili che evidentemente esistono anche nei territori di montagna o di collina».

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