
Nessun dubbio che la studentessa di un liceo lombardo, invalida al 100%, abbia diritto alla misura di supporto che le consente di esercitare a pieno titolo il suo diritto all'istruzione e all'integrazione scolastica; il diritto del diversamente abile è affermato dalle convenzioni internazionali e in Italia trova fondamento nella legge 104/92. Gli articoli 39 e 40, peraltro, si limitano a individuare la competenza legislativa delle regioni. Il punto è che nell'ordinamento risulta complessa la ripartizione delle competenze fra gli enti locali.
Non riesce tuttavia la provincia di Milano ad addossare l'onere al comune, che pure in passato ha assicurato un sostegno più modesto alla studentessa: è rigettata la richiesta di integrare il contraddittorio al municipio. E pesano in proposito le differenze fra l'aiuto in questione e il tradizionale insegnante di sostegno. A quest'ultimo, ricordano i giudici, spetta la contitolarità nell'insegnamento: si tratta di un docente di tutta la classe chiamato a garantire un'adeguata integrazione scolastica e deve essere quindi inquadrato a tutti gli effetti nei ruoli del personale insegnante. L'assistente educatore svolge, invece, un'attività di «supporto materiale individualizzato», che risulta estranea all'attività didattica in senso stretto: «l'angelo custode» aiuta gli alunni affetti da minorazioni a integrarsi pienamente in classe e nel plesso scolastico di appartenenza. Insomma: l'attività non rientra fra i «servizi sociali» di competenza dei comuni. Confermata l'esclusione del danno non patrimoniale ai genitori della studentessa minorenne decisa in prima istanza dal Tar Lombardia.
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