
Nel caso specifico il cliente di un istituto creditizio ha ricevuto la lettera di preestinzione di un contratto di mutuo per euro 80 mila a causa del mancato pagamento di due rate.
Il cliente ha contestato la morosità, sostenendo di avere pagato le rate in questione. Pertanto, il cliente contestata la preestinzione e il passaggio della posizione del cliente a sofferenza, chiedeva di revocare la stessa.
La banca ha replicato che i versamenti effettuati sono stati utilizzati innanzi tutto per coprire il rosso del conto corrente di cui era titolare il mutuatario.
La questione è arrivata sul tavolo dell'arbitro bancario, che ha dato ragione al cliente.
Nella decisione in commento l'arbitro ha fatto presente che si tratta nel caso concreto di mutuo ipotecario, soggetto alla disciplina del Testo unico 385/93. Il Testo unico 385/93, all'articolo 40, secondo comma, dispone che «la banca può invocare come causa di risoluzione del contratto il ritardato pagamento quando lo stesso si sia verificato almeno sette volte, anche non consecutive. A tal fine costituisce ritardato pagamento quello effettuato tra il trentesimo e il centottantesimo giorno dalla scadenza della rata». La norma, certo, conferma la risoluzione nel caso di ritardo nell'adempimento, ma chiarisce inderogabilmente che il pagamento deve intendersi ritardato quando il versamento è effettuato tra il 30° e il 180° giorno; peraltro il ritardo del debitore può essere invocato per la risoluzione soltanto se ripetuto per almeno sette volte anche non consecutive.
Nel caso del correntista la stessa banca in alcune lettere ha comunicato che non erano state pagate solo due rate.
La risoluzione del contratto di mutuo è avvenuta, dunque, in palese difformità dalla causa risolutiva prevista dall'articolo 40 Testo unico 385/93, con norma imperativa.
E qualsiasi altra causa di risoluzione, diversa da quella relativa al ritardi di sette rate, risulta nulla ai sensi dell'articolo 1418, primo comma, codice civile (violazione norma imperativa). L'arbitro, quindi, ha dichiarato l'inefficacia della risoluzione del rapporto di mutuo, per difetto del presupposto previsto dalla legge. Come conseguenza il rapporto deve dunque considerarsi ripristinato, secondo l'originario piano di ammortamento e i relativi termini di pagamento. In materia va segnalato che secondo un orientamento la banca non può estinguere il mutuo nemmeno a seguito del mancato pagamento di una sola rata, se non è decorso un semestre. In particolare il tribunale di Salerno, con un provvedimento del 4 febbraio 2011, ha stabilito che è nulla, per contrasto con la norma imperativa inderogabile contenuta nell'articolo 40 del Testo unico bancario, la clausola risolutiva espressa inserita in un contratto di mutuo bancario ipotecario che preveda la risoluzione del contratto di mutuo anche a fronte del mancato pagamento di una sola rata.
Secondo il tribunale di Salerno vi è «mancato pagamento» soltanto nel caso di mora protratta oltre 180 giorni dalla scadenza stabilendo, in deroga al codice civile, che il mancato pagamento consente di invocare la risoluzione solo a decorrere dal 181° giorno di ritardo.
Quindi le banche, anche nel caso di rate mensili del mutuo, deve aspettare sei mesi prima di risolvere il contratto. Con la conseguenza che la natura inderogabile, della norma contenuta nell'articolo 40 n. 2 del Testo unico bancario, comporta la nullità di ogni clausola pattizia da essa difforme.
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